Si ritrovano insieme le città divise dalla Guerra fredda, quando la Jugoslavia era la frontiera da sorvegliare in caso di invasione dell’Armata Rossa.
Esci dall’Università di Gorizia e ti trovi nel grande spiazzo dove una volta sostavano i camion per il controllo doganale. Ora lo spiazzo è vuoto, il posto di frontiera è aperto, il pieno in Slovenia costa meno e i Casino funzionano.
Q come Qatar. Finisce la quarantena, durata oltre tre anni, comminata al Qatar dai soci del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Le accuse sono cadute o meglio accantonate: la rete Al – Jazeera troppo aperta alle primavere arabe ed ai Fratelli Musulmani, la diplomazia degli Al – Thani troppo dinamica nei confronti di Iran e Turchia, non proprio paesi amici dell’Arabia Saudita. Fra gli abbracci dei fratelli ritrovati a Al – Ula, nel deserto saudita, spunta l’ombra degli Accordi di Abramo. Dopo Bahrein e Emirati Arabi sarà il turno del Qatar a riconoscere lo Stato d’Israele?
S come Sky Arte. Il palinsesto televisivo delle feste è zeppo di messaggi sdolcinati: il nonno rimbecillito che disputa il panettone al nipote saputello, i genitori intenti alle compere anche per i vicini ché fa comunità. Il nonno in realtà sogna di scappare con la badante sull’atollo COVID-free, di là chattare al nipote: tieniti pure tutto il panettone.
Dalla banalità culturale si distingue la trasmissione di Sky Arte in omaggio a Pino Daniele. L’esegesi del testo di una sua canzone manco fosse un canto omerico. “Quanno chiove” è definita un capolavoro di semplicità. La ragazza che “si astipa” per non morire, la chitarra di Pino a seguirla mentre scende le scale, il sax di James Senese a disperdere la pioggia.
T come Trump. Barack Obama ci aveva avvertiti nell’autobiografia (Terra promessa, Garzanti, 2020) sull’irresponsabilità di Donald Trump. Il Tycoon montò la campagna stampa contro lo stesso Obama perché sarebbe nato in Indonesia e quindi non legittimato a governare l’America.
Era una palese montatura cui però molti credettero o finsero di credere pur di screditare il Presidente non solo di colore ma anche socialista e musulmano. Ci volle il certificato di nascita alle Hawaii a tacitarla.
Trump è aduso ai colpi di scena per trarre il massimo profitto dai social media e da quanti si abbeverano alle fandonie in rete. L’onda lunga della sua “lezione” è destinata a durare in America e influenzare quel che resta del mondo libero. Il modello americano vacilla e la questione ci riguarda tutti.
X come Xi jinping. Il viso liscio, i capelli folti e irrimediabilmente corvini, il sorriso rassicurante: è l’immagine del Presidente della Repubblica Popolare. A lui ed al miliardo e passa dei concittadini la pandemia non sembra avere lasciato tracce.
Sarebbe la dimostrazione che i sistemi autoritari funzionano meglio delle democrazie liberali (vedi punto precedente). Il punto è decisivo, basti pensare alle convulsioni Stato – Regioni del nostro paese, che conta tante anime quanto una minuscola provincia cinese.
W come Wuhan. A fine anno la cittadinanza in strada a festeggiare. Tutti assiepati e mascherati, a testimoniare la ritrovata normalità. Sarà che migliaia di decessi è un numero relativo rispetto all’immensità della popolazione, ma c’è da restare sconcertati di fronte allo spettacolo. Cresce il PIL cinese a fronte della decrescita mondiale. Fra le voci figurano le esportazioni di materiale sanitario.
Unione europea. Lo sconcerto prende anche rispetto alle astruserie del dibattito europeo. Spendere mesi, fino alla mediazione conclusiva della Cancelliera federale, per dirimere i casi di Polonia e Ungheria. Attardarsi sui diritti fondamentali in Europa è come insegnare a Roger Federer il rovescio lungo linea: a lui che lo batte senza guardare il campo avverso.
Il dominio della democrazia dovrebbe essere scontato a 64 anni dai Trattati di Roma e a 16 dal grande allargamento. Eppure Budapest e Varsavia lo rimettono in discussione con stilemi da repubbliche autoritarie. Per di più guadagnando alla fine un pacchetto di milioni grazie a Next Generation EU. Superare le discussioni asfittiche e guardare avanti: all’autonomia strategica europea.
di Cosimo Risi
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