Il covid è stato creato da “esperimenti cinesi”? Falso, ecco perché

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La teoria complottista del coronavirus “fuggito” da un laboratorio di Wuhan si è diffusa sin dall’inizio della pandemia, e ancora oggi ha parecchio seguito, come dimostrato dalle affermazioni del leader della Lega Matteo Salvini alla trasmissione “Mezz’ora in più”. Ma la storia delle passate epidemie e le caratteristiche genetiche del patogeno indicano chiaramente origine e diffusione naturali.

Lo spiega FanPage.it con un dettagliato articolo di Andrea Centini

Iniziamo con un dato diffuso recentemente dal WWF: il 75 percento delle malattie umane note alla scienza deriva dagli animali, e ben il 60 percento di quelle emergenti – come la nuova COVID-19 – sono trasmesse dagli animali selvatici. Sono in pratica delle zoonosi.

Negli ultimi 20 anni sono emerse altre due patologie strettamente connesse con la COVID-19, la SARS (Severe acute respiratory syndrome – sindrome respiratoria acuta grave), e la MERS (Middle East Respiratory Syndrome – sindrome respiratoria mediorientale da coronavirus), rispettivamente provocate da due coronavirus: il SARS-CoV-1 e il MERS-CoV. Questi patogeni sono entrambi betacoronavirus, gruppo del quale fa parte anche il coronavirus SARS-CoV-2, e tutti e tre hanno in comune un’ampia porzione del patrimonio genetico.

Tra il coronavirus responsabile della SARS e quello della COVID-19 è condiviso circa l’80 percento dei geni, come determinato da uno studio internazionale guidato da scienziati dell’Università di Fudan. Le caratteristiche genetiche dei patogeni indicano chiaramente che hanno avuto tutti origine nei pipistrelli, e più nello specifico in quelli del genere Rhinolophus, i cosiddetti “ferri di cavallo”.

In questi animali circola un numero enorme di coronavirus potenzialmente in grado di compiere il salto di specie, il famigerato spillover, che possiamo favorire con i nostri comportamenti sconsiderati. Ad esempio distruggendo e invadendo l’habitat naturale dei pipistrelli, oppure semplicemente catturando gli esemplari per venderli nei famigerati “mercati umidi”.

In questo modo non solo aumentiamo il rischio che i patogeni di cui sono portatori (sani) possano passare direttamente all’uomo, ma anche che possa verificarsi il salto su altri ospiti intermedi, le cosiddette specie serbatoio, nelle quali i virus, continuando a mutare naturalmente, possono essere favoriti nello spillover. Con la SARS l’ospite intermedio fu lo zibetto, mentre con la MERS il dromedario. Per quanto concerne la COVID-19 non ci sono ancora conferme, ma si ritiene che un ruolo importante possano averlo giocato i pangolini.

Si tratta di mammiferi fortemente minacciati per le squame, richiestissime per foraggiare il mercato della medicina tradizionale asiatica. Non a caso anche in questi animali sono stati trovati coronavirus “cugini” del SARS-CoV-2. È dunque molto probabile che un pangolino infettato da un pipistrello sia stato catturato e portato in un mercato umido – anche illegalmente – e da lì il virus abbia compiuto il salto di specie, direttamente sul bracconiere, sul venditore o magari su un cliente, dando così l’avvio alla catastrofica pandemia.

Un indizio significativo arriva dal “Huanan Seafood Wholesale Market”, il mercato umido di Huanan nella città di Wuhan, dove prima della chiusura a causa della pandemia venivano vendute decine di specie selvatiche, alcune delle quali si ritiene anche illegalmente. Ebbene, dei 41 primi casi accertati di coronavirs SARS-CoV-2 nella città di Wuhan, ben il 70 percento aveva uno stretto legame con il mercato di Huanan.

Si trattava di venditori, proprietari di bancarelle e semplici clienti, che hanno tutti sviluppato la COVID-19. Il mercato è stato chiuso e sanificato, cancellando ogni possibile prova che avrebbe potuto aiutare a rintracciare il potenziale “paziente 0” della pandemia (il primo in assoluto noto ai medici non avrebbe tuttavia un legame diretto col mercato).

Se la storia delle passate epidemie e la concentrazione di casi a Huanan non risultassero sufficienti per poter spiegare l’origine naturale della pandemia, ci sono anche le analisi genetiche evidenziate dagli scienziati. Il SARS-CoV-2 condivide ben il 96 percento del patrimonio genetico col coronavirus RaTG13 che circola nei pipistrelli ferro di cavallo, ma i coronavirus dei pipistrelli mancano di una parte della proteina S o Spike (chiamata dominio di legame del recettore) che serve al patogeno per agganciarsi al recettore ACE-2 delle cellule umane.

Questa parte è stata trovata proprio nei coronavirus dei pangolini, ed è per questo che gli scienziati sospettano che il SARS-CoV-2 sia originato nei pipistrelli, abbia fatto un passaggio nei pangolini per poi finire all’uomo. Secondo gli scienziati il legame tra ACE-2 e il dominio di legame del recettore della proteina S è “troppo perfetto” per essere figlio della manipolazione genetica in laboratorio, ma può essere soltanto il frutto della selezione naturale.

“Se qualcuno avesse voluto creare un nuovo coronavirus come patogeno, lo avrebbe costruito a partire dalla ‘spina dorsale’ di un virus noto per provocare malattie”, hanno scritto il professor Kristian G. Andersen e i colleghi del The Scripps Research Institute di La Jolla, autori dell’articolo “The proximal origin of SARS-CoV-2” pubblicato su Nature. “Le nostre analisi mostrano chiaramente che SARS-CoV-2 non è un costrutto di laboratorio o un virus intenzionalmente manipolato”, ha aggiunto il professor Andersen.

A sottolineare che tutti gli indizi portano a una (incolpevole) origine animale della pandemia di COVID-19 anche l’esperta di malattie infettive Josie Golding, che lavora presso il Wellcome Trust britannico: “Non creeresti mai un virus come questo e ci sono troppi collegamenti ad altri virus che sono stati trovati in natura”, ha spiegato al Guardian. Non è nemmeno probabile che sia fuggito accidentalmente dal famoso laboratorio di biosicurezza di Wuhan. “L’idea che una persona sia stata infettata in laboratorio e abbia diffuso il virus in tutto il mondo è roba da film. Servono le prove…Non sembra molto realistico”, ha affermato la scienziata.

“È molto più probabile che gli animali siano stati infettati e che le persone abbiano preso il virus da essi”. In una intervista alla TV cinese CGTN, anche la direttrice dell’Istituto di virologia di Wuhan, l’immunologa Wang Yanyi, sottolinea che la teoria della fuga del virus dal laboratorio, cavalcata da alcuni esponenti dell’amministrazione Trump, è tutta una “montatura” .

“Il nostro istituto – ha spiegato la Yanyi – ha ricevuto per la prima volta il campione clinico della polmonite sconosciuta il 30 dicembre dell’anno scorso, e dopo aver analizzato il patogeno all’interno del campione, abbiamo scoperto che conteneva un nuovo coronavirus, che ora si chiama SARS-CoV-2”. “Non ne avevamo alcuna conoscenza prima di allora, né avevamo mai incontrato, ricercato o conservato il virus. In effetti, come tutti gli altri, non sapevamo nemmeno che esistesse questo virus. Come sarebbe fuoriuscito dal nostro laboratorio, se non l’abbiamo mai avuto?”, ha chiosato l’esperta. Una squadra di esperti di malattie infettive è stata inviata in Cina dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) proprio per far definitiva luce sull’origine del patogeno che ha stravolto la vita a miliardi di persone.

 

 

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