Certo, a leggere bene la storia, non furono degli ‘abatini’ e non mancarono di compiere efferatezze. Ma gli altri non scherzavano. Basta ricordarsi di quello che fece Budicca, regina dei Britanni, quando guidò la più forte ribellione delle tribù. Oggi, inorridiamo solo a pensarlo.
Per questo, la storia va letta secondo le regole del tempo e giudicata in relazione.
La scorsa settimana, il dott. Adolfo Gravagnuolo, uomo di indubbia signorilità e grande cultura, ha ricordato la figura del sindaco Alfonso Menna mettendo in risalto l’umanità che guidò la sua azione politica in un periodo di enormi difficoltà per la Città.
In verità, a quel tempo, avevamo i pantaloncini troppo corti per capire cosa facessero quelli che li avevano lunghi. Ci attiravano solo i continui cambiamenti lungo le strade per andare al mare, con la paperella, i lavori per la piscina, le prime industrie e la gente che affollava la Standa in un clima di grande allegria.
Epperò, nel corso degli anni, abbiamo ascoltato voci e letto giudizi non sempre concordi e, talora, anche di forte critica per una trasformazione urbana ritenuta particolarmente aggressiva e distruttiva.
Così, prendendo spunto dalla appassionata rievocazione, abbiamo approfondito gli avvenimenti con esclusivo riferimento ai ‘fatti concreti’ che furono espressi dal suo agire. Perché, dopo tanti anni, solo la ricostruzione storica può offrire una obiettiva chiave di lettura alla memoria.
Per questa finalità, ci sono stati utili gli archivi di fonti libere, sul web, e di libere menti.
L’impegno di Alfonso Menna per la Città ebbe inizio con l’opera di ricostruzione che seguì al dramma dell’alluvione da lui gestita nella veste di Segretario Generale del Comune. Il Sindaco non c’era a causa dello scioglimento del Consiglio nel 1953.
Per la sistemazione dei senzatetto del Centro Storico, subito sistemati in alloggi di fortuna, riuscì ad ottenere fondi ingenti per costruire il nuovo quartiere di Mariconda, poi inaugurato dal Ministro Fanfani nei primi anni 60. E, fu lui anche ad intuire la possibilità di usare le macerie della guerra e i materiali dell’eruzione del Vesuvio per l’allungamento e l’allargamento del Lungomare fino a quella che sarebbe poi diventata Piazza della Concordia (fonte: Cronache).
Divenuto Sindaco nel 1956, sfruttò la profonda conoscenza della pubblica amministrazione, avendo imparato ad obbedire, per affrontare con competenza gli enormi problemi della ricostruzione, della disoccupazione, dell’edilizia scolastica e dei servizi.
Le fonti concordano nel definirlo ‘il sindaco del fare’: il recupero del ‘Castello Arechi’ e del ‘Forte La Carnale’, il rimboschimento della collina del Castello, l’incremento del verde pubblico, il ridisegno di ‘Piazza della Concordia’ con il ‘Monumento al Marinaio’, il porto ‘Masuccio’, la Scuola ‘Matteo Mari’, la Piscina Comunale, i Campi da Tennis, il Gasometro a Torrione, la ‘Centrale del Latte’, sono solo alcune delle opere realizzate in una Città dove mancava di tutto (fonte: diverse web). Come risposta alla penuria di alloggi e di lavoro costruì case (INACasa, tra cui il rione Zevi) e agevolò l’insediamento di aziende, potenziò la viabilità e i trasporti, avviò la sistemazione dei corsi d’acqua.
Il dinamismo profuso lungo tutta la sindacatura, fino all’Ottobre del 1970, trasformò Salerno in un attrattore di lavoro e vite talmente importante da registrare, nel ventennio 1951-1971, una crescita demografica da 90.970 a 155.496 abitanti (+54.526) con il richiamo di intere famiglie dalla Provincia e dai territori delle vicine Basilicata e Calabria (fonte Istat). Divenne il Nord del Sud.
Infatti, la Città venne definita la ‘Torino del Sud’, per la sua operatività, e la ‘Svizzera del Sud’ per l’ordine e la pulizia, mentre il Lungomare, con aiuole, piante, fiori, giochi per bimbi e fontanine a cestino, venne ritenuto il più bello del mediterraneo (fonte: wiki). Oggi, in verità, non sappiamo.
Fu l’impegno profuso in favore dell’Orfanatrofio ‘Umberto I’, la sua seconda famiglia, a dimostrare l’umanità e la forza della sua spiritualità (fonte: Cronache). Per sostenere i ‘suoi ragazzi’, quelli che chiamava i ‘figli di Salerno’, promosse ogni tipo di manifestazione idonea a reperire aiuti economici, riuscendo a trasformare il vecchio ‘Serraglio’ in un istituto moderno dal quale uscirono musicisti, ceramisti, tipografi, grafici, ‘la gioventù del fare’. A sua simiglianza (fonte: Cronache).
Sostenne le arti, il teatro, la cultura (Abbagnano, Carotenuto, Tafuri, Gatto) e trasformò il Magistero in prima Facoltà Universitaria. La voleva in Città, altri decisero per Fisciano. Sul porto ad Ovest manifestò forti dubbi: la spuntarono De Martino e Sullo, anni dopo.
Le voci critiche si concentrano sulla crescita edilizia indotta dal Piano Regolatore del 1958, redatto dall’Arch. Marconi+altri, che indicò le direttrici dello sviluppo urbano. Si applicava, però, la imperfetta legge edilizia del 1942, poiché solo nel 1967 fu emanata la cd. Legge Ponte e solo nel 1968 la Legge sui piani regolatori e sugli standard per regolamentare un settore che si era ingigantito dappertutto, da Napoli (Vomero e Posillipo), a Roma, a Milano, non solo a Salerno. Epperò, il suo mandato sindacale si chiuse nel 1970 e solo nel 1978 furono applicati gli standard.
Certo, la incontestabile presenza di qualche fabbricato di troppo, con millimetriche coperture dei suoli, contrasta con le attuali coscienze ambientali. Ma, lo abbiamo detto: se giudicassimo le atrocità dei Romani con le regole vigenti, forse li detesteremmo per sempre.
Peraltro, pur con gli attuali vincoli e provvedimenti stringenti, la collina di Sala Abbagnano, l’area al di sopra del Centro Storico e altre ancora, dimostrano che non è cessata l’occupazione del territorio. Forse, deve passare qualche decennio prima che qualcuno si indigni.
Fu un suo importante avversario politico, Pietro Amendola, ad onorarne la qualità di amministratore mosso da grande amore e da grande passione dichiarando che: “se la speculazione edilizia si alimentò grassamente in quella fase tumultuosa di espansione, non arrivò mai a scalfire minimamente la sua onestà pubblica e privata”. Del resto, nelle nostre ricerche, non abbiamo trovato una sola dichiarazione che ne abbia disconosciuto i meriti o negato la funzione di simbolo di un pezzo di storia della Città. Per tutto questo, probabilmente, avrebbe meritato un riconoscimento diverso dalla intestazione di uno slargo, per quanto dignitoso, nella zona orientale.
Alfonso Menna fu davvero un gentiluomo che si prodigò per offrire una speranza alla Comunità che amava. Affermarlo non è dichiarazione di parte, è solo espressione di verità storica alla luce di fatti concreti, non di opinioni. Per quanto lecite e rispettabili.
Questa Città ha bisogno di amore e, talora, anche di memoria.
e.mail: associazione.iosalerno@gmail.com
pagina fb: Associazione io Salerno
E meno male che non siete di parte difendendo una cementificazione della zona orientale fatta malissimo ,controllata malissimo ed il terremoto dell’ottanta ce l’ha ricordato per un’espansione Demografica non controllata , l’inizio dell’urbanizzazione del Masso della signora…l’università genuflessa d un uomo del suo oartito ecc.e ci sarebbe altro da dire ,ricordando tempi diversi da paragonare, però un sindaco del fare indubbiamente con tante note positive a suo favore …quindi ,senza accorgervene state dicendo che fra 20 anni qualcuno ricorderà De Luca per tutte le cose che indubbiamente sono state fatte e gli perdoneranno qualche cementificazione di troppo ovvero Menna uguale De Luca. Ma siete troppo di parte strumentalizzati per ammetterlo