“Gli influencer, e soprattutto i micro-influncer, devono fare squadra. Un po’ come è accaduto in America, dove nei mesi scorsi è nato il “The Creator Union” (Tcu), il primo sindacato di categoria nato per supervisionare i contratti formali tra aziende e influencer, l’utilizzo di contenuti corretti ed evitare pratiche discriminatorie. Ecco perché sono in contatto con qualche sigla sindacale per fondare un sindacato specifico, che tutelino questo mondo di partite Iva dove i diritti sono un privilegio rispetto alle moltitudini di doveri che si hanno”.
Così Mafalda De Simone, influencer campana di 26 anni con oltre 170mila followers, annuncia il suo impegno per la categoria che, oltre a essere ancora considerata lontana dal mondo del lavoro, non prevede regole e tutele per chi orienta consumi e comportamenti attraverso i social.
“Tra i 18 e i 54 anni ci sono quindi circa 20 milioni di che hanno scelto di seguire almeno un personaggio che fa tendenza e di questi il 48% segue un macro influencer: non lo dico io, ma i dati della ricerca “Italiani & Influencer” realizzata da Buzzoole, InfoValue e Mondadori Media. Ci sono poi i micro influencer, coloro che trattano sulle loro pagine social un argomento più o meno di nicchia e con un prodotto preciso e ben pubblicizzato, interessando un target di clienti predefiniti.
Dai libri allo sviluppo personale, dal giardinaggio al découpage. Un mondo che le aziende hanno imparato a conoscere bene: puntare le proprie carte su un influencer, macro o micro, è una scelta molto saggia. Ma servono tutele, come per i riders del comparto food o i lavoratori di Amazon.
Siamo nuove figure professionali e come tali dobbiamo essere trattati. Molti di noi hanno la partita Iva, ma molti non dichiarano nulla al Fisco. Ecco perché serve un sindacato ed ecco perché mi sto adoperando con una sigla per avviare un percorso a livello nazionale”.
Da qui, l’appello della De Simone, agli influncer italiani. “Uniti possiamo dire la nostra. Serve una regolamentazione e io sono pronta a metterci la faccia”.
I sindacati proteggono i lavoratori.
Jat a fatica pagate le tasse come tutti e po se parl
ma chi t sap.
Nata t….
Ma influenze de che….senza na casa senza..un lavoro…co le pezze ar cu.e co sta str. che so du ore che ciancica co sta gomma mbocca…ma che te ciancichi…so.!!!!
E chi è
Va fatic… “INFLUENCER”… Che senza i social, non sapete fare un cazzo di nulla… Sti mollavrachier…
truovt na fatic!!!!
Parafrasando direi: pur i zoccl tenen ‘a toss!!! ?
Un branco di NEET, braccia rubate all’agricoltura.
Dirrei che è più importante istituire una tutela degli individui privi di obiettivi nella vita; bisogna aiutare questi individui a trovare scopi nella vita così smettono di seguire questi influencer i quali dovranno cercarsi un lavoro.
Ma va a cagar!
Andate a zappare con le mani.
Pure su twich ci sono podcast dove ci sono persone che parlano commentando cose o intervistando chi fa video su youtube. Vanno avanti con le donazioni che fanno gli abbonati ai loro canali. Io non lo so se si possa definire lavoro questo di parlare di argomenti sociali e intervistare, a me hanno insegnato che il lavoro è altro. Tra l’altro la maggior parte che si abbona a questi canali e fà donazioni di soldi, sono minorenni, spero che admin di questi siti controllino perchè ormai un adolescente con un telefonino in mano puo fare molte cose.
“Vedo ‘na squintalata d’ignoranza nei commenti sull’ambito degli influencer” cit.