Gli accertamenti delle Fiamme Gialle, in stretta sinergia e collaborazione con l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, hanno riguardato i soggetti che, dall’incrocio delle banche dati in uso, risultavano avere precedenti per associazione mafiosa.
Mediante lo scambio informativo con gli Enti interessati, gli investigatori del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria sono così risaliti a quanti, tra questi, erano inclusi allo stesso tempo negli elenchi degli “aventi diritto”.
Ed infatti, tre di loro, pur di far risultare la regolarità della propria posizione, avevano prodotto delle autocertificazioni dalle quali nulla emergeva in merito alle condanne penali subite anni prima.
Nel corso degli approfondimenti, sono stati inoltre scoperti ulteriori tre beneficiari che avevano compilato i moduli “tralasciando” di dichiarare l’esistenza, nel nucleo familiare, di persone vicine alla criminalità organizzata.
Si tratta di circostanze che, ove note, non avrebbero consentito l’accoglimento delle domande, considerato che la legge sul reddito di cittadinanza esclude chiunque abbia ricevuto, nei dieci anni precedenti, condanne definitive per delitti particolarmente gravi, quali appunto l’associazione a delinquere di stampo mafioso.
Tale esclusione si estende peraltro ai membri del nucleo familiare, laddove nella domanda abbiano omesso di comunicare la specifica posizione del congiunto condannato.
Diversamente, chi ha provveduto a dare l’informazione corretta riceve un contributo ridotto, ricalcolato sulla base dei soli componenti immuni da simili condanne.
Le omissioni accertate hanno consentito agli indagati l’indebita percezione di fondi per oltre 30.000 euro, a partire dall’anno 2019.
I responsabili sono stati così segnalati alle competenti AA.GG., per la specifica ipotesi di reato contemplata dalla normativa sul reddito di cittadinanza, fattispecie per la quale rischiano adesso fino a sei anni di reclusione.
D’intesa con l’INPS, sono state già avviate le procedure per la revoca immediata del sussidio ed il recupero delle somme illecitamente intascate. La segnalazione all’Istituto ha altresì impedito che siano erogate le spettanze già in pagamento nei prossimi mesi, evitando in questo modo un ulteriore esborso di 60 mila euro.
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Poichè i casi in questione sono molti e clamorosi, la soluzione più semplice non sarebbe di verificare anzitempo le condizioni per la concessione del reddito di cittadinanza con controlli preventivi da parte dei patronati/CAF e dell’INPS? O è chiedere troppo?