La mutazione del virus che sta flagellando con forza l’India, detta anche variante B.1.617, è stata rilevata in oltre 1.200 sequenziamenti caricati sulla banca dati internazionale Gisaid, ricorda l’Oms. I Paesi dove è stata rilevata con più frequenza, India, Stati Uniti, Regno Unito e Singapore. ma anche in Belgio, Svizzera, Grecia e Italia
La variante B.1.617, che ha una serie di “sub-varianti” è stata classificata finora come mutazione “di interesse” ma non ancora “preoccupante”, che l’etichetterebbero come più pericolosa del virus originale in quanto più contagiosa, più letale o resistente ai vaccini
Intanto il co-fondatore di BioNTech Ugur Sahin si è detto fiducioso che il vaccino che la sua azienda ha sviluppato congiuntamente con Pfizer funzioni contro la variante indiana del coronavirus. “Stiamo ancora testando la variante indiana, ma ha mutazioni che abbiamo già testato e contro le quali il nostro vaccino funziona, quindi sono fiducioso”, ha detto Sahin
In India la produzione di ossigeno liquido per uso medico è aumentata negli ultimi giorni, raggiungendo il 25 aprile 8.922 tonnellate al giorno, mentre lo scorso agosto era di sole 5.700. Il governo ha l’obiettivo di produrre 9.250 tonnellate di ossigeno al giorno entro la fine del mese
Al momento gli esperti stanno studiando due “sorvegliate speciali”, mutazioni individuate sulla forma più diffusa della variante indiana del virus sarsCoV2: sono molti i laboratori, anche in Italia, che le stanno analizzando, ricostruendone la struttura 3D, mentre altri ottengono le sequenze e le confrontano
A destare tutto questo interesse è il sospetto che, alla luce del dilagare dell’infezione in India, la colpevole della rapidissima diffusione del virus sia proprio questa variante. Ci si chiede anche se non abbia abbastanza forza per soppiantare quella inglese, attualmente la più diffusa
“Stiamo studiando la struttura 3D delle due mutazioni per vedere se sono connesse e se l’una aiuta l’altra“, ha detto Massimo Ciccozzi, direttore del laboratorio di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-medico di Roma
“La variante che si sta studiando si chiama B.1.617 ed è comparsa in India nell’ottobre 2020 con la variante B.1.618, che sembrerebbe meno aggressiva. A complicare la situazione c’è il fatto che la B.1.617 ha già una ‘famiglia’, i cui membri sono le tre versioni chiamate B.1.617.1, B.1.617.2 e B.1.617.3. Di queste “soltanto la 1 e la 3 hanno la doppia mutazione“, spiega Gianguglielmo Zehender ordinario di Igiene dell’Università Statale di Milano
È perciò su queste due ‘varianti della variante’ che si sta concentrando l’attenzione degli esperti. Le mutazioni che stanno studiando sono la E 484 Q, presente nelle varianti brasiliana (P.1) e sudafricana (B.1.351.V2), e la L 452 R, descritta nella variante californiana (B.1.429)
Della prima si sa che “è in grado di sfuggire agli anticorpi, sia a quelli prodotti dal vaccino, sia a quelli generati da chi è guarito” e si sospetta che l’associazione con la L 452 R potrebbe potenziarne l’effetto”, osserva il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca
La variante B.1.617 è stata segnalata finora in quasi 20 Paesi; due i casi accertati in Italia. “Al momento non sappiamo quale sia la variante indiana identificata in Italia: sarà noto solo quando sarà completato il sequenziamento in corso”, ha detto Ciccozzi
“La nostra capacità di monitorare le varianti ha una sensibilità bassissima“, ha rilevato il microbiologo Andrea Crisanti, dell’Università di Padova, intervenuto a ‘Buongiorno’, su Sky TG24. “Non sappiamo qual è il repertorio delle varianti in Italia, facciamo un test parziale, una volta ogni 15-20 giorni, su un campione molto limitato e su pezzi del virus estremamente limitati: va cambiata la strategia”
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