“I salumi hanno bisogno di un ambiente freddo e secco per asciugarsi”, ci disse la Nonna, “e, poi, li devo pure affumicare per disinfettarli. Diversamente, si perderebbero e voi non li potreste più mangiare”.
Quando non c’erano i frigoriferi, e il ‘sotto vuoto’ neppure si sapeva cosa fosse, era necessario creare ambienti specifici per favorire la conservazione dei vari alimenti grazie allo sviluppo di processi naturali idonei a modificarne le caratteristiche originarie. Certi vini e certi formaggi della tradizione, per non parlare d’altro, ne sono le prove.
L’ambiente, infatti, non è semplicemente uno spazio fisico, ma costituisce il luogo nel quale complesse interazioni tra fattori esterni, come temperatura, umidità, pressione, esposizione solare, e coesistenti elementi chimici creano condizioni in grado di influenzare il ciclo di vita degli organismi presenti secondo lo schema della cosiddetta economia circolare. Qualcuno, che ne capiva più di noi, osservò che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma nel rispetto di regole che presiedono al funzionamento del ‘sistema mondo’.
Questo sistema costituisce il ‘brodo di coltura’ nel quale ogni cosa è immersa partecipando, in qualità di ‘controparte attiva e passiva’, ad un processo di affinamento reciproco delle singole componenti che, comunque, sono sempre le stesse, sebbene assemblate in modo diverso.
Ovviamente, tutti noi siamo coinvolti a pieno titolo in questi rapporti, iniziati non si sa quando per volontà di non si sa chi o, magari, solo per effetto di una congiunzione astrale. In verità, pur avendo letto qualcosa, sull’argomento ci sfugge ancora qualcosa. A noi. Ma, forse, anche ad altri.
Così, l’ambiente di oggi rappresenta l’evoluzione del ‘brodo’ originario anche in funzione dei nostri comportamenti millenari e noi siamo, oggi, il risultato della ‘coltura’ anche in funzione delle millenarie reazioni dell’ambiente. Purtroppo, per quello che sta accadendo in giro, non sembra che gli esiti possano ritenersi reciprocamente soddisfacenti. Anzi.
Dei ‘beni ambientali’, si è parlato Giovedì scorso nella seconda serata della manifestazione ‘I Giovedi del Cinema dei Diritti Umani’, organizzata da Maurizio Del Bufalo, in prosecuzione del precedente incontro sul tema dei ‘beni comuni’. Anche stavolta, la Dirigente ed il Responsabile della Biblioteca del Liceo ‘De Sanctis’ hanno messo gentilmente a disposizione il supporto telematico dell’Istituto a conferma di un lodevole progetto educativo di coinvolgimento ‘immersivo’ delle giovani generazioni in problematiche di grande rilevanza per il futuro delle loro vite.
La proiezione del film-documentario ‘Come ripopolare piccoli comuni’, della regista tedesca Caroline Von Tann, ha posto le premesse per approfondire il fenomeno delle migrazioni di ritorno nelle aree rurali che trova origine nella volontà di una parte crescente di cittadini di sottrarsi alle distorsioni causate da scelte di gestione contrarie agli equilibri della natura. E, quindi, della loro stessa esistenza.
Tra le attività qualificate come aggressive e/o distruttive sono state approfondite, in particolare, quelle concernenti la realizzazione di grandi opere di dubbia utilità e quelle volte alla espansione delle realtà urbane con una edilizia residenziale ‘di rapina’ a danno delle residue aree verdi disponibili.
Per le prime, un collegamento telematico ha consentito di ascoltare le testimonianze di rappresentanti della Val di Susa dove, da almeno un trentennio, gran parte della popolazione denuncia i rischi del collegamento ferroviario TAV Torino-Lione e ne contesta utilità e convenienza economica.
Il tema del consumo di suolo urbano è stato invece introdotto da una relazione ‘tecnica’ sull’iter parlamentare del progetto di Legge che dovrebbe regolamentare i nuovi ‘Piani Comunali della Rigenerazione Urbana’ a supporto di scelte di ridisegno delle aree ad elevata densità edilizia. Al riguardo, alcuni esperti hanno messo in guardia contro il pericolo di un conflitto ‘concorrente’ tra la prospettata competenza nazionale della rigenerazione e quella regionale/provinciale/comunale della ‘Pianificazione Territoriale’ e del ‘Piano Urbanistico Comunale’.
Non sono mancate, però, alternative riflessioni che, superando le argomentazioni ‘tecniche’ e ritenendo adeguate le norme vigenti, hanno attribuito il fenomeno del consumo del suolo ad una distorta applicazione delle Leggi accompagnata da un confuso esercizio del potere autorizzativo e, talora, anche di controllo.
In sintesi, è stato osservato che l’espansione urbana, con la perdita della risorsa ambientale, agricola o naturale, appare oggi connessa a scelte urbanistiche di ‘sprawl urbano’ (Città diffusa) imposte con riferimento a previsioni, anche errate, di crescita demografica ipotizzate solo per assicurare introiti alle municipalità (fonte: Ispra). Cioè, nuove costruzioni giustificate dall’incasso degli oneri e dei tributi.
In verità, il contenimento del fenomeno, nel rispetto degli Obiettivi definiti dall’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite per l’anno 2030, sarebbe possibile anche soltanto ricorrendo a provvedimenti dissuasivi di natura fiscale, come una maggiorazione dell’IMU sull’invenduto o specifici tributi aggiuntivi, da applicare sui nuovi edifici realizzati in presenza di accertati livelli di saturazione del mercato immobiliare. Rimedio semplice e immediato. Nulla di complicato.
Con riferimento alla nostra Città, è stato sottolineato l’inarrestabile consumo di suolo pari, nel 2019, a 2.045 ha (fonte Ispra) benché una egualmente inarrestabile decrescita demografica abbia causato, in dieci anni, la riduzione dei residenti da 139.000 a meno di 130.000 unità per il negativo saldo annuale, ormai consolidato, tra nuovi nati e deceduti, per almeno 800 cittadini (fonte: Istat), In ambito nazionale, per cementificazione di suoli, siamo tra i primi 90 Comuni su 7.904 (fonte: Ispra)..
Non si tratta, però, solo di dati statistici. Se è vero che, come abbiamo già detto nel commento della scorsa settimana (cfr. pagina Fb), i beni comuni sono in noi e noi siamo nei beni comuni, allora è anche vero che alterare il ‘brodo di coltura’ nel quale siamo immersi significa inaridire gli scambi reciproci di risorse fisico/chimiche ed accelerare gli squilibri distruttivi. Perché, ambiente è vita e vita è ambiente.
In effetti, per vivere al meglio, abbiamo bisogno delle condizioni che ci possano consentire di farlo. Anche le salsicce della Nonna avevano bisogno del loro ambiente, per essere speciali.
Non è facile invertire la rotta, considerati gli interessi in gioco. Tuttavia, la scelta adottata dal Liceo ‘De Sanctis’ di sensibilizzare le giovani generazioni può davvero aprire la strada per diffondere una nuova coscienza ambientale contro comportamenti frutto, in buona parte, di egoismo, di scelleratezza o di insipienza, non certo di amore. Neppure verso sé stessi.
Questa Città ha bisogno di amore.
e.mail: associazione.iosalerno@gmail.com
pagina fb: Associazione io Salerno
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