“I test antigenici rapidi approvati dal ministero della Salute non si basano sul rilevamento ella proteina Spike, o S”, ha detto il virologo Francesco Broccolo, dell’Università di Milano Bicocca, riferendosi alla proteina che il virus utilizza come arma per invadere le cellule. Tra le proteine del virus, la Spike è infatti quella soggetta al maggior numero di mutazioni, sia nella variante Alfa sia nella Delta: se il test fosse calibrato su questa proteina, in caso di mutazione rischierebbe di non riconoscerla. Ecco perché i test antigenici rapidi vedono la proteina N, del guscio protettivo del virus chiamato nucleocapside. Ma questo – osserva il virologo – è possibile solo se la carica virale è alta”. Potrebbe quindi sfuggire al test chi si trova nella fase iniziale o in quella finale dell’infezione.
Una possibilità sarebbe utilizzare i tradizionali test molecolari che richiedono però tempi molto più lunghi: come minimo otto ore, considerando i tempi necessari per il trasporto dei campioni in un laboratori e quelli tecnici per l’analisi. Utilizzarli comporterebbe organizzare delle aree per i viaggiatori che attendono il risultato del test
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