Seppi da mio padre, antifascista per vocazione, che avevo fissato gli occhi su un campo di concentramento in cui erano stati deportati ebrei e varia umanità contraria ad ogni forma di dittatura.
Gente comune ma anche tanti professionisti, artisti, uomini di cultura, scrittori.
Un numero notevole era rappresentato da ebrei provenienti dai Paesi dell’Est, dai Balcani e residenti in Italia
Vittime delle leggi razziali! Il campo di concentramento era stato localizzato dal regime in località “Ferramonti” del comune di Tarsia, in provincia di Cosenza.
Gli abitanti del piccolo centro calabrese durante il periodo bellico 40-43 hanno scritto una pagina meritoria di umana solidarietà.
Ogni giorno si recavano in località “Ferramonti” e dall’esterno porgevano agli internati pur nell’esiguità della loro disponibilità generi alimentari di ogni genere.
Una solidarietà concreta chi non sarebbe stato possibile attuarla senza la compiacente distrazione dei ‘guardiani del regime’
Il giorno della liberazione gli internati naturalmente fecero festa.
Gli Ebrei non nascondevano la loro origine e gli antifascisti potevano esprimere liberamente le proprie idee.
Alcuni ex internati preferirono nuove residence in Calabria. Fra gli ex internati emergono per alta professionalità un noto chirurgo, ebreo polacco, ed un famoso violinista.
Il campo di concentramento di Tarsia è rimasto semprevivo nella mia iniziale visione. Fino al 1943 ho pensato con angoscia che forse anche mio padre sarebbe finito, per delazione, all’interno di quel reticolato.
La realtà più ben diversa e da adulto feci mia la scelta di libertà di mio padre
Di Enzo Todaro
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