I ‘viaggi della speranza’, sottolinea il documento, riguardano 800mila persone e sono soprattutto da sud a nord, con 55mila pazienti che partono dalla Campania, 52mila dalla Calabria, 33mila dalla Sicilia, 12mila dall’Abruzzo e 10mila dalla Sardegna, con un valore economico delle ‘migrazioni’ pari a 2 miliardi di euro. A determinare la scelta di curarsi fuori, sottolinea Francesco De Lorenzo, presidente Favo, sono le liste d’attesa, che in media per la chirurgia oncologica raggiungono i 60 giorni, ma anche la mancanza di alcuni dispositivi come gli acceleratori lineari necessari per la radioterapia. ”Gli strumenti per migliorare la situazione esistono ma non sono applicati – spiega De Lorenzo -. Il piano Oncologico Nazionale 2011-2013 non è ancora stato realizzato”. Le disparità, ha sottolineato Emilia Grazia De Biasi, presidente della commissione Sanità del Senato, va corretta anche alla luce dell’avvio dell’assistenza transfrontaliera.
”Come possiamo presentarci all’Europa – ha affermato – quando abbiamo liste d’attesa infinite, ritardi nell’accesso ai farmaci e una relazione tra ospedale e territorio arcaica?”. La situazione difficile dal punto di vista dei servizi è stata confermata da una ricerca del Censis, contenuta nel rapporto, sui malati di tumore al colon, uno dei ‘big killer’.
La qualità della vita è risultata buona per il 42% dei pazienti, ma solo il 9% ha dei servizi di riabilitazione considerati sufficienti. Tra gli altri aspetti negativi sottolineati dagli esperti c’è anche quello della conservazione della fertilità per i pazienti, oggetto anche di una lettera inviata al ministro della Salute. Ogni anno 14mila diagnosi di cancro vengono fatte a persone tra i 20 e i 39 anni, ma solo una piccola parte accede alle tecniche per preservare la fertilità e poter quindi avere un figlio una volta terminate le cure.
Nella lettera, firmata dalle principali associazioni scientifiche oncologiche e ginecologiche, si chiede che venga creata una rete di centri che siano in grado di garantire le tecniche, e che il Servizio Sanitario Nazionale le garantisca gratuitamente a tutti, mentre ora ad esempio i farmaci necessari non sono garantiti. ”La possibilità di preservare la fertilità è uno stimolo in più per il paziente per cercare di guarire – spiega Elisabetta Iannelli, segretaria Favo – i numeri di cui parliamo sono bassi, non costituiscono un alto costo, ma il valore etico è importantissimo”. Il problema è anche che spesso il paziente, o lo stesso medico, non sanno che è possibile preservare la fertilità. ”I malati – afferma Stefano Cascinu, presidente dell’Aiom – devono accedere con semplicità alle informazioni sull’impatto che le terapie possono determinare”. (Fonte ANSA).
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