I dati, pubblicati in preprint su medRxiv e non ancora sottoposti a peer-review, indicano che nei sei mesi presi in considerazione sembra mantenersi molta alta (97%) la protezione contro le forme gravi di Covid-19, confermando l’utilità del vaccino nel prevenire i ricoveri e i decessi dovuti alla malattia.
Mentre, nello stesso periodo, in generale, l’efficacia del preparato nel prevenire il contagio sembra passare dal 96% all’84%. Sono i risultati emersi da un test clinico, avviato lo scorso anno e conclusasi nel mese di marzo, condotto su oltre 44mila volontari di sei Paesi.
Dall’analisi è emerso che l’efficacia del vaccino della casa Usa e della tedesca Biontech nel prevenire qualsiasi infezione da Covid-19 che causa anche sintomi minori è sembrata diminuire di una media del 6% ogni due mesi dopo la somministrazione. Nello specifico, sembra rimanere intorno al 96% nel periodo compreso tra una settimana e due mesi dopo la seconda dose, per poi scendere al 90% tra due e quattro mesi dopo la seconda dose, e all’84% nel periodo compreso tra quattro mesi e sei mesi.
Lo studio non ha misurato il tasso di infezioni virali asintomatiche e non fornisce informazioni sulla variante Delta, perché i dati sono riferiti perlopiù a un periodo in cui non era ancora molto diffusa.
Nella giornata di ieri, Pfizer ha diramato anche i risultati delle sperimentazioni sulla terza dose del suo vaccino originale contro la variante Delta. Dagli studi clinici è emerso che un ulteriore richiamo “rafforza la protezione contro la variante Delta”.
I dati “mostrano che una terza dose ha effetti neutralizzanti della variante Delta cinque volte maggiori per coloro fra i 18 e i 55 anni dopo la seconda dose, e 11 volte maggiori per coloro fra i 65 e gli 85 anni”, ha spiegato Pfizer. Le autorità, ha aggiunto, determineranno “se e a chi raccomandare” una eventuale terza dose.
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