Al suo insediamento nel 2005, un’era politica fa, richiamò appunto i due predecessori socialdemocratici. L’uscita apparve curiosa e invece rivelava il suo credo sociale che l’avrebbe portata a fare propri alcuni argomenti della Socialdemocrazia a favore di un conservatorismo compassionevole, per parafrasare i Repubblicani alla Bush.
Gli ultimi suoi governi in coalizione con la SPD sono stati i più proficui sul piano dell’europeismo. Si pensi soltanto alla svolta anti-austerità del 2020, quando si convinse ad accogliere il piano del Presidente francese per il rilancio dell’Unione con “debito buono”.
Vari Presidenti francesi, vari americani, il sempiterno Putin al Cremlino a parte la parentesi Medvedev, la new entry (per lei) di Xi a Pechino. Per non parlare della pletora di Presidenti del Consiglio d’Italia, l’ultimo dei quali gode talmente della sua stima che accettò, contro il parere della Bundesbank, a mollare i cordoni della borsa con il Quantitative Easing della BCE. A ben vedere, il preludio di Next Generation EU dell’anno scorso.
La crisi del debito greco l’aveva fatta additare a nemica del benessere degli Ateniesi, il riferimento a Pericle incombe, costretti a pagare il fio di politiche finanziarie dissennate, ma coperte dai partner europei per consentire loro di entrare nell’euro sia pure con i conti truccati.
Dicevi Merkel e intravedevi in filigrana il profilo corrucciato dei nordici che si sarebbero presto chiamati frugali avverso i meridionali spendaccioni. Il suo Ministro finanziario dell’epoca soffiava sul fuoco dell’insofferenza verso gli sprechi. Alcuni, in Germania e negli stati membri affini, simulavano una zona euro duplice, una stretta per i virtuosi e una larga per i viziosi. Una manovra ipocrita per celare la fine dell’euro e il ritorno al marco e al fiorino forti.
Qualcuno, in Italia e negli stati membri affini, vedeva quasi di buon occhio la prospettiva: finalmente la facoltà di battere moneta à gogo. Tutti più ricchi in termini monetari, tutti più poveri in termini reali. I misteri dell’economia monetaria non appartengono a certe classi che pure si vorrebbero dirigenti.
Molta tattica, poca strategia. E’ la critica che viene mossa alla Cancelliera. La sua prudenza ai limiti dell’immobilismo è oggetto di studio. Se dipende dal carattere e dalla formazione da fisica che la induce a spezzettare i temi in discussione fino a non cogliere più il quadro generale, la strategia appunto. O se dipende dall’esigenza di cercare il consenso anzitutto nel suo paese. L’interesse nazionale deve prevalere, da qui una leadership europea riluttante.
Eppure Angela è la sola personalità dell’Unione nota ovunque. Il suo nome è rispettato quanto quello del Presidente americano, con in più la continuità, e temuto quanto quello del russo. L’interesse generale, questo sconosciuto. Al pari del demos europeo che viene inseguito nei corsi accademici sull’Unione. Esiste un interesse europeo che sia altro dagli interessi nazionali? E quando e in quale misura questi si fondono nel crogiuolo comune? Sono interrogativi di lunga lena cui Angela potrebbe rispondere in un’autobiografia.
Alla domanda su cosa farà da grande, Angela risponde “nulla”. Probabilmente pensa a Ischia, ci manca da tempo. O a viaggi di piacere con il consorte sempre discretamente in disparte.
Oppure si prepara al rientro alla grande. Fra qualche mese scade il primo mandato di Charles Michel alla testa del Consiglio europeo. La sua prova dovrebbe indurre i colleghi a valutare l’opportunità di rinnovarlo per altri due anni e mezzo. La candidata a sostituirlo ci sarebbe. Ammesso che Angela sia disposta a giocare pienamente il gioco europeo.
di Cosimo Risi
Commenta