Il lavoro di ricerca, coordinato da Arianna Di Stadio, professore associato di Otorinolaringoiatria presso l’Università di Catania, ha coinvolto anche i ricercatori dell’Università del Michigan e della Wayne State University di Detroit. E’ stato condotto su 152 pazienti, inseriti in una fascia d’età compresa tra 18 e 65 anni, i quali hanno manifestato una disfunzione olfattiva da almeno 6 mesi ed in cura presso 3 centri specializzati.
Dalle analisi degli esperti è emerso come 50 pazienti (il 32,8% del totale) presentassero sintomi quali anosmia, ovvero assenza di olfatto, 25 (16,4%) iposmia, cioè riduzione dell’olfatto, 10 (6,6%) parosmia, ovvero disfunzione dell’olfatto, e 58 pazienti (38,2%) invece una combinazione di iposmia e parosmia. Inoltre, un sintomo quale la cefalea è stato riportato da 76 pazienti (50%), mentre la confusione mentale da 71 (46,7%).
Secondo Di Stadio e Angelo Camaioni, altro coordinatore dello studio e direttore della Uoc Otorinolaringoiatria dell’Ao San Giovanni-Addolorata, “l’alterazione dell’olfatto e il coinvolgimento cognitivo sono caratteristiche comuni del Long-Covid”. In particolare, “la confusione mentale o ‘brain fog’, potrebbe influenzare l’olfatto alterando il ricordo degli odori o attraverso un meccanismo condiviso di neuroinfiammazione”, hanno spiegato gli esperti. Mentre, per quanto riguarda i pazienti che hanno lamentato cefalea, confusione mentale, o entrambe, hanno segnalato i ricercatori, “mostravano un rischio significativamente maggiore di soffrire di anosmia o iposmia se confrontati con la controparte senza sintomi neurologici”.
La cefalea ed il coinvolgimento cognitivo erano correlati “con deficit olfattivi più severi, coerentemente con meccanismi neuroinfiammatori mediatori di una varietà di sintomi nei pazienti con sindrome Long-Covid”, hanno poi aggiunto, in conclusione, i due studiosi.
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