Ma che sta succedendo? Ieri una mamma mi ha telefonato per dirmi che il figlio, alunno delle scuole medie, tornato a casa le ha detto: mamma, è scoppiata la terza guerra mondiale. Ma la faremo con le mascherine? Ed è così che ci siamo svegliati e l’incubo non è svanito. Social, tg, una girandola infernale di immagini: bimbi che piangono disperati, urla, genitori incapaci di spiegare cosa sta accadendo, con l’unico desiderio di mettere in salvo i propri figli.
E, ancora, giovani, ragazze e ragazzi, belli, pieni di energia, che scappano senza saper dove andare, atterriti da una situazione nella quale mai e poi mai pensavano di doversi trovare, proprio come anni prima è accaduto ai loro nonni.
Ma che sta succedendo? Scrivo e mentre scrivo ricordo il titolo di un film di tanti anni fa: “Fermate il mondo, voglio scendere”… Oppure un film di animazione, degli stessi anni, di produzione iraniana: “Questo pazzo, pazzo, pazzo mondo”… Mi vengono in mente e mi sembrano giustissimi per queste ore che stiamo vivendo. Siamo ancora in piena crisi sanitaria mondiale dove non ci è dato di sapere se e come il Covid19 finirà o si evolverà. Né sappiamo se dobbiamo ancora convivere con questo nemico di tutti, che non guarda ai confini, alle geografie, ai trattati con i quali i potenti hanno determinato e stabilito le sorti di tanti Paesi e di tanti popoli.
E proprio mentre stiamo iniziando a riprendere fiato, tornando a respirare, provando a tornare a quello che eravamo, a quello che facevamo, proprio mentre ciascuno di noi è impegnato a disegnare un nuovo modello di vita personale, ecco che il mondo piomba nella più nera delle miserie umane: la guerra, la smania di uccidere senza distinzione, seminare morte e portare alla disperazione più totale centinaia di migliaia e poi milioni di persone che non capiscono il perché di quello che sta accadendo e forse non lo capiranno mai.
Ma che sta succedendo? Pensavamo di essere tutti impegnati a combattere un unico nemico, subdolo e sconosciuto, entrato nelle nostre vite senza averne la titolarità, che non ha bussato e che ci ha devastati. Evidentemente non era così, perché oggi siamo costretti ad assistere ad una terribile invasione di un Paese, un’invasione che sconvolge le pagine della storia e che scompagina il tempo, proprio nel cuore dell’Europa. Il perché di tutto questo possiamo immaginarlo, ma nessuno ce lo dice apertamente e come lo spieghiamo questo perché ai nostri bambini, ai nostri ragazzi?
In questi due anni ogni forma di comunicazione è stata indirizzata alla nostra difesa, stando a casa per mesi, rinunciando a spazi di libertà e a vivere i nostri sentimenti. Poi le mascherine e, finalmente, i vaccini. Un momento di grande speranza e vittoria della scienza per difendere il diritto alla vita. Oggi, come lo spieghiamo ai nostri giovani che ancora non siamo definitivamente liberi e che bisogna combattere contro sistemi autoritari e liberticidi, contro lo sconvolgimento dei diritti internazionali che sta portando morti e distruzione, l’uccisione di persone che non hanno colpa o responsabilità.
Tutto questo è terribile! Sono avvilito perché da due anni che sto pensando ai nostri ragazzi, alla fase che sarebbe venuta dopo la pandemia, a far recuperare la fiducia in questa società e nel mondo. Ero consapevole che la fragilità di molti avrebbe portato ad un estremo disagio sociale, a criticità, in particolare della sfera psicologica, che avrebbe, ancor di più determinato una condizione di sfiducia e una mancanza di speranza e di futuro.
Sono temi che era giusto affrontare, che ritengo prioritari e totalmente integrati nella vita di Giffoni. È stato questo il motivo della nascita del progetto Giffoni, 52 anni fa: stare vicino ai ragazzi, aiutarli nella loro crescita e sviluppo, condividerne dubbi ed incertezze, sostenere le persone che hanno bisogno di aiuto, integrare le diversità, fare esattamente quello che il tema dello scorso anno recitava: produrre felicità.
Ma che sta succedendo? I ragazzi in questi mesi hanno visto tante immagini, sanno che durante questa pandemia sono morte milioni di persone. Adesso i social ed i media ci stanno rimandando immagini devastanti di una guerra non dichiarata, di una società di adulti che attenta alla vita di persone inermi ed impossibilitate a reagire, che attenta anche alla vita di milioni di ragazzi che purtroppo stanno vivendo una sola cosa: l’orrore. Mentre guardavano fiduciosi e speranzosi al loro futuro li abbiamo fatti ripiombare, di nuovo, nel buio e nella paura.
Non c’è altro da aggiungere. Oltre alla reazione che mi auguro possa crescere e svilupparsi nelle persone, una reazione che vada in direzione della vita, del rispetto della vita, della tutela del diritto alla vita. Credo che in questo momento milioni di ragazze e ragazzi non riescano più a guardare alla vita con quell’entusiasmo e quel desiderio di esserci, di far parte di una società di cui rappresentano una componente fondamentale, determinante.
È questo il dato più frustrante: ragazzi incapaci di sognare perché figli di una realtà asfissiante. Non ho una conclusione e non credo nemmeno ce ne sia bisogno. Ho provato a non farmi prendere dalla reazione della prima ora, che sarebbe stata di totale repulsione. Ma mai potevo immaginare che, dopo aver visto più volte in questi miei anni reportage e documentari delle guerre passate e recenti, si potesse arrivare oggi, in un modo così improvviso, a sconfiggere la storia e a condannare a morte un mondo in cui la società non si può più definire civile. Perché dove l’uomo ammazza l’uomo niente è più civile, nulla può essere più considerato umano.
Claudio Gubitosi – Direttore Giffoni Experience
Si. Anche io penso questo!