Guerra: in ginocchio il mercato del lusso, soffre la Campania

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Si parla tanto di sanzioni alla Russia ed ai suoi oligarchi, ai magnati dell’energia come ai vari peperoni che finanziano la macchina del Cremlino, senza considerare che sono proprio questi ultimi i maggiori clienti del Made in Italy ed in particolare della filiera del lusso che, nel mondo, non ha eguali. Le tensioni tra Russia e Ucraina che hanno condotto ad una guerra aperta, stanno mettendo in ginocchio questa filiera produttiva che già usciva dal tritacarne del Covid-19.

Dopo la moda anche il settore orafo ne esce con le ossa rotte, per così dire, da questa situazione inverosimile, dopo due anni di pandemia sanitaria che già aveva ridotto al lumicino le speranze del brand fiore all’occhiello dell’italianità.

“Non ci voleva la guerra – esordisce Romualdo Pettorino, coordinatore del settore orafo di CNA Campania – già la situazione era abbastanza complicata e una luce di speranza era stata vista con le riapertura in presenza e la possibilità di tornare all’internazionalizzazione diretta. Questa escalation di guerra e tensioni politiche e sociali nell’est dell’Europa non fa bene nessuno comprese le sanzioni fin qui inflitte a Mosca che per adesso hanno causato solo l’impossibilità da parte delle nostre filiere d’eccellenza di poter continuare ad intrattenere rapporti commerciali con quei territori soggetti a Mosca.”

Pettorino, che tra le altre cose è un gemmologo di fama internazionale ha poi continuato: “Napoli e la Campania sono la culla del settore orafo italiano e più di tutti in senso artigianale, subiscono il contraccolpo degli eventi in Ucraina e per questo come CNA Campania, insieme al presidente Oliviero ed a tutto il direttivo, mi associo all’appello del cessate il fuoco per un ritorno al tavolo delle trattative in modo che la diplomazia torni sovrana a districare le questioni umane”.

Pettorino ha poi concluso: “Sic rebus, dicevano i Latini, parlare di Pnrr significa solo intravedere un recupero di perdite provenienti da  questa guerra nel cuore del’Europa, e onestamente non era certo questo lo scopo della misura. Noi siamo attività produttive, quindi votate a costruire interessi non a distruggere speranze; bisogna solo aspettare, come sempre, che il buon senso alla lunga si anteponga all’arroganza”.

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