Sulla sabbia, sulla neve, scrivo il tuo nome (di Enzo Capuano

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“Sai – mi disse il mio amico Cesare, mentre seduti in poltrona ascoltavamo della musica – questa mattina mi sono tornate in mente, tra fatti vissuti e visioni surreali, le immagini di un viaggio effettuato qualche anno fa in Ucraina. Il contrasto, tra quei giorni ricchi di nuove esperienze e le tristi notizie di oggi, mi creano una sensazione di disagio. È come se non avessi il diritto, io che vivo qui e non faccio nulla per quel massacro, di rievocare o di parlarne.

Mentre inizia a parlare la voce inconfondibile di Sting fa da sottofondo. Canta una vecchia canzone, Russians:

In Europa e in America, c’è un crescendo d’isteria / Condizionato in risposta alle minacce / Dei retorici discorsi dei Sovietici / Il sig. Krushchev ha detto, “vi seppelliremo” / Io non sottoscrivo questo punto di vista / Sarebbe come una cosa ignorante da fare / Se anche i Russi amano i loro bambini.

Ricordo perfettamente Odessa, il suo mare, le sue spiagge, l’architettura ottocentesca degli edifici, il magnifico Teatro dell’Opera e del Balletto. La monumentale scalinata Potemkin, che scende sulla costa, fino al faro Vorontsov, sembra creata per accogliere i popoli di tutto il mondo ed invitarli a visitare la città e l’imponente Primorsky Boulevard, circondato da magnifici palazzi e monumenti. Mi rivedo poi, senza fretta, ad ammirare i murales degli artisti di Peach Studio lungo la Karantynnyi Descent.

Lasciata Odessa, percorro in auto, la lunga strada per Kiev, passando per Uman. La capitale con le sue chiese che sembrano essere state disegnate per un libro di fiabe, dalle forme arrotondate e le mura color pastello, dagli interni saturi di ori e affreschi; e le piazze: Poshtova, affacciata sul fiume Dnepr, Kontraktova ploscha, nel quartiere Podil, con i locali all’aperto e Majdan, la piazza simbolo di una nazione.

Ricca di storia, protesa alla continua ricerca di libertà, testimone da sempre di tragici eventi. L’ultimo nel 2014, quando scoppiò la rivolta, definita Euromaidan, che portò alla morte 107 persone.

Ed eccomi a Leopoli. Immagino ad attendermi Joseph Roth che qui visse gli anni dell’università. Mi accompagna in cima a una montagna, a High Castle Park, dove resistono le rovine di un castello del XIV secolo, e da dove, una splendida vista, offre le cupole verdi delle chiese e delle colline circostanti e permette di sbirciare cosa accade in Piazza del Mercato, Ploscha Rynok, cuore pulsante della città. Affascinante con la torre del Municipio, le fontane dedicate agli dei pagani e i numerosi musei. Distrutta da un incendio nel XVI secolo, fu ricostruita da architetti italiani.”

Cesare smise di parlare all’improvviso. Notai in lui uno sguardo assente come se stesse ancora rincorrendo le suggestioni di quel viaggio. Aspettai paziente che riprendesse: “Mi piacerebbe fare un articolo che parli di quei posti, ma mi riprende quel senso di non appropriato”.

 

Da ogni lato dello schieramento politico / Condividiamo la stessa biologia / A dispetto dell’ideologia / Credimi quando te lo dico / Spero che anche i Russi amino i loro bambini.

  Io, prima che Cesare iniziasse a raccontarmi del suo sogno, mi ero soffermato su una notizia che riguardava il Covid 19, l’altra tragedia di questi tempi, che pare non voglia finire. In California, un team di ricercatori, ha sperimentato un vaccino che attacca i glicani, zuccheri complessi che rivestono il virus, nascondendo parti del virus alle cellule immunitarie. A differenza degli attuali vaccini, il nuovo preparato sembra in grado di intercettare completamente la proteina spike del virus e questo lo renderebbe più efficace, stimolando risposte più potenti contro le varianti.

Cesare smise di raccontare e io, accantonati definitivamente i miei pensieri, dissi “Penso invece che tu debba scrivere dell’Ucraina e delle sue bellezze; ciò che è arte, cultura unisce e stimola propositi positivi; la bellezza aiuta a essere vicini, ad essere uniti. Un messaggio che ricordi emozioni di quella terra martoriata è un inno di speranza, è un modo per dire ci siamo e ci saremo e se possibile, quando sarà finito, verremo a rivedere la vostra terra e a dare un piccolo contributo per andare avanti e dimenticare.

Cesare ascoltò, ma non rispose. Dopo un lungo silenzio, in cui la musica riempì ogni spazio, recitò, a memoria, dei versi di una poesia di Paul Éluard: Liberté. Scritta dal poeta francese durante l’occupazione tedesca di Parigi, quando era entrato a far parte della Resistenza, venne lanciata in migliaia di copie dagli aerei alleati.

“Su i quaderni di scolaro / Su i miei banchi e gli alberi / Su la sabbia su la neve /Scrivo il tuo nome. / Su ogni pagina che ho letto / Su ogni pagina che è bianca / Sasso sangue carta o cenere / Scrivo il tuo nome/ …Su i miracoli notturni / Sul pan bianco dei miei giorni / Le stagioni fidanzate / Scrivo il tuo nome/… E in virtù d’una Parola / Ricomincio la mia vita / Sono nato per conoscerti / Per chiamarti / Libertà.”

 Spero che anche i Russi amino i loro bambini / Condividiamo la stessa biologia / A dispetto dell’ideologia / La cosa che può salvare noi, me e te / È che anche i Russi amino i loro bambini.

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  • Leggendo questo articolo, ho ripensato al mio viaggio a Mosca nel 2004. Ironia della sorte, alloggiai in un grattacielo staliniano, l’ Hotel Ucraina. In questo viaggio, rimasi affascinato soprattutto dalla grandiosità delle cupole dorate, multicolori cipolle, di chiese e monasteri bizantini, dell’imponenza delle residenze degli Zar. Rivedendo le foto, mi sono soffermato poi su quella che ritrae il monumento a Karl Marx, nella piazza della Rivoluzione. Tornando agli avvenimenti di oggi, rifletto cupamente su come quelle idee, quel vento rivoluzionario volto a sopprimere la schiavitù dei popoli, sia miseramente rimasto utopia. Nel suo nome e in quello degli altri artefici della rivoluzione russa, sono stati generati tiranni più sanguinari degli Zar abbattuti, oppressori del proprio e degli altrui popoli. I versi di Dante: “ Libertà va cercando ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta.”, che ispirarono gli eroi del nostro risorgimento, sembrano ancora rimasti inevasi. Putin, agitando il terrore atomico, ha dichiarato scacco “ matto “ al mondo, tutto dedito all’aperitivo.

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