Clima, la profezia alla Casa Bianca che poteva cambiare il mondo

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Il 7 luglio 1977, quando si sapeva davvero poco del cambiamento climatico, l’Italia era alle prese con i momenti più bui degli anni di piombo, con vari scandali politici e con fratture insanabili anche all’interno della sinistra e della destra extraparlamentari. Negli Stati Uniti, alla Casa Bianca, c’era il democratico Jimmy Carter, insediatosi da neanche sei mesi. Una settimana dopo, a New York, ci sarebbe stato un blackout durato oltre 25 ore. Quel giorno, però, sulla scrivania del presidente arriva una nota sul clima, che lui legge con attenzione. Anche perché Jimmy Carter aveva una spiccata sensibilità ambientale, tanto da voler installare pannelli solari sulla Casa Bianca e varare un piano nazionale per l’energia rinnovabile, dichiarando: “Dobbiamo iniziare a pensare a nuove fonti su cui fare affidamento nel prossimo secolo“.

Il titolo della nota, piuttosto sintetico, poteva apparire infausto: “Rilascio di CO2 fossile e possibilità di un cambiamento climatico catastrofico“. A firmarla era Frank Press, brillante geofisico e consulente scientifico di Jimmy Carter. Lo scienziato faceva il punto di ciò che era noto alla scienza in quegli anni. “I combustibili fossili sono cresciuti a livello esponenziale nell’ultimo secolo. La conseguenza è una concentrazione di CO2 nell’atmosfera maggiore del 12% rispetto ai livelli pre-industriali e potrebbe raddoppiare nei prossimi 60 anni” – si legge nella nota – “A causa dell’effetto serra causato dalla concentrazione di CO2, il riscaldamento globale potrebbe far aumentare le temperature tra i 0.5 e i 5°C“.

Sembra di leggere un qualsiasi studio dei nostri tempi, eppure quello che Press comunicava a Carter era semplicemente il frutto delle conoscenze della scienza climatica, nata nel decennio precedente. Già nel 1965, sotto la presidenza di Lyndon B. Johnson, i ricercatori avevano stabilito che “con la combustione di carbone, petrolio e gas naturale, miliardi di tonnellate di diossido di carbonio si accumulano nell’atmosfera“. Nella nota, Press aveva poi aggiunto: “Una fluttuazione climatica così rapida potrebbe avere effetti catastrofici e impone valutazioni di importanza e difficoltà senza precedenti. Un rapido cambiamento climatico potrebbe causare danni ai raccolti, in un momento in cui l’aumento della popolazione mondiale spinge l’agricoltura ai limiti della produttività“.

Frank Press aveva avuto un’intuizione assolutamente corretta. Abbiamo già visto gli effetti catastrofici della crisi del clima, con fenomeni meteorologici sempre più estremi e frequenti. In diverse zone del mondo, l’agricoltura è a rischio proprio a causa della siccità. Lo scienziato poi aggiungeva nella nota: “L’urgenza del problema deriva dalla nostra incapacità di passare rapidamente alle fonti non fossili. Gli effetti della crisi climatica si manifesteranno non molto dopo l’anno 2000 e la situazione potrebbe diventare incontrollabile prima di rendere effettive fonti energetiche alternative e altre azioni correttive“.

Anche in questo caso, Frank Press non si sbagliava. Nella nota si legge ancora: “La CO2 non si disperderà naturalmente prima di un millennio, anche se dovessimo ridurre sensibilmente i combustibili fossili“. In questo caso, il consulente scientifico di Jimmy Carter non aveva fatto una previsione completamente corretta, dal momento che studi di circa dieci anni fa avevano dimostrato che la concentrazione di CO2 nell’atmosfera può diminuire un po’ più velocemente. La nota resta comunque molto interessante: “Come saprà, questo non è un tema nuovo. La novità sta nel crescente peso del supporto scientifico e della coscienza sull’impatto della CO2 sul clima“.

A quei tempi, però, la coscienza sul clima era un esclusivo appannaggio degli scienziati. Cittadini e politici degli Stati Uniti concentravano le loro attenzioni principalmente sugli effetti dell’inquinamento sulla salute, senza pensare agli effetti a lungo termine di una crisi climatica. “L’Accademia nazionale delle scienze ci ha appena avvisato che tra poche settimane diffonderà dichiarazioni su questo tema. Allo stato attuale, non ritengo necessarie azioni d’emergenza nel breve termine, ma serve un piano energetico nel lungo termine” – si legge ancora nella nota – “Occorre puntare su fonti alternative a quelle fossili: energia nucleare, fotovoltaico, biomasse e altre energie rinnovabili“. L’Accademia nazionale delle scienze, poche settimane dopo, ribadì quanto espresso da Press: “Urge una transizione energetica verso nuove fonti, i combustibili fossili vanno sostituiti ma stiamo apprendendo che per la transizione da una fonte principale a un’altra serviranno parecchi decenni“.

Anche se Jimmy Carter lesse attentamente la nota di Frank Press, il repubblicano Jim Schlesinger, nominato primo segretario dell’Energia della storia degli Stati Uniti, replicò così in un allegato: “Il mio punto di vista è che le implicazioni di questo tema siano troppo incerte per giustificare iniziative politiche con il coinvolgimento del presidente“. Alla fine, Jimmy Carter, nel corso del suo mandato presidenziale, riuscì a introdurre leggi in favore dell’ambiente (come quelle contro le scorie tossiche o sugli standard economici dei combustibili) ma fece ben poco per quanto riguarda la mitigazione della crisi climatica. Senza contare che, nel complesso, la sua politica fu contraddittoria: si pensi, ad esempio, all’aumento di produzione domestica di petrolio a svantaggio delle importazioni dall’estero, considerato un interesse per la sicurezza nazionale.

Per diversi esperti, se Jimmy Carter fosse stato rieletto, tutto il mondo oggi si troverebbe in una condizione migliore per quanto riguarda il cambiamento climatico. Il Guardian, infatti, ricorda che la prima mossa fatta da Ronald Reagan, insediatosi alla Casa Bianca nel 1981, fu quella di rimuovere i pannelli solari. E negli anni ’80, l’industria del fossile iniziò a spendere decine di milioni di dollari per seminare dubbi sulla scienza climatica. La nota di Frank Press cadde nel dimenticatoio alla Casa Bianca, ma non nella comunità scientifica. Tra questi c’era anche Stu Eizenstat, uno dei consiglieri di Carter e principale negoziatore degli Stati Uniti per il protocollo di Kyoto, che proprio sulla base di quegli avvertimenti fu protagonista del primo sforzo a livello internazionale di adottare politiche per il clima.

Fonte: TeleAmbiente

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