Per quanto riguarda il riferimento “all’asserita rilevanza dell’emergenza sanitaria ricollegabile al Covid 19, deve parimenti escludersi- scrive la Cassazione replicando alla difesa della donna, condannata per abusivismo edilizio – che la stessa giustifichi la revoca dell’ordine di demolizione, posto che, terminata la fase contingente del ‘lockdown’ e della conseguente obbligatoria presenza in casa, non sussistono allo stato ragioni ostative alla operatività della sanzione amministrativa accessòria”.
L’unica cosa che può fermare ruspe e mazze ferrate, ora che la fase sanitaria emergenziale è alle spalle, spiegano gli ‘ermellini’, sono solo “le condizioni di salute dell’occupante l’immobile solo se, in concreto risultino impeditive dell’esecuzione dell’ordine demolitorio, circostanza questa non adeguatamente provata” nel caso approdato al ‘Palazzaccio’. Il verdetto che sdogana le demolizioni dopo la ‘pausa’ del lockdown è contenuto nella sentenza 32753 depositata oggi dalla Terza sezione penale.
Per quanto riguarda il caso specifico della donna, i giudici sottolineano che la donna “nata nel 1958, non è in età avanzata e a maggior ragione non lo era al momento della commissione degli abusi e delle plurime violazioni risalenti al 1996, non risultando in ogni caso provate condizioni di indigenza, mentre, quanto allo stato di invalidità sorto in epoca infantile, è stato osservato che lo stesso non ha impedito alla donna di rendersi autrice della realizzazione di un edificio abusivo di dimensioni non irrisorie (80 mq), ben rifinito e arredato con cura”.
All’argomento che la casa abusiva di Bacoli è l’unica abitazione di cui dispone, gli ‘ermellini’ obiettano – come fatto dalla ordinanza di demolizione emessa dalla Corte di Appello di Napoli il 3 dicembre 2021 – che la donna “fino al 2017 è stata residente nel diverso Comune di Pozzuoli, dove, in mancanza di adeguata smentita, aveva evidentemente disponibilità di una diversa abitazione”, tanto è vero che solo nel febbraio 2020, “tardivamente”, si è rivolta all’amministrazione di Bacoli chiedendo un “eventuale alloggio alternativo” e dunque “ben oltre l’adozione dell’ordine di demolizione, risalente al 2015 (a fronte di una sentenza di condanna addirittura del 2001)”.
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