L’Ufficio Studi dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre (Cgia) lancia il monito: entro il 31 dicembre prossimo – data di scadenza di attuazione di questo settennato – dobbiamo spendere i restanti 29,8 miliardi (pari al 46% della quota totale), di cui 10 sono di cofinanziamento nazionale. Se non riusciremo a centrare tale obbiettivo, la quota di fondi Ue non utilizzatati andrà persa. Insomma, è a rischio una buona parte dei 19,8 miliardi di cui possiamo ancora beneficiare.
Appare evidente che per diverse regioni risulti complicato utilizzare appieno i fondi resi disponibili dall’Europa; anzitutto, si sconta una grossa difficoltà di adattamento della Pubblica Amministrazione alle procedure imposte dall’Ue. C’è ahinoi da aggiungere che la nostra macchina pubblica presenta livelli di qualità dei servizi resi ai cittadini e alle imprese ritenuti non proprio soddisfacenti.
Bisogna tuttavia evidenziare che dei 19,9 miliardi di euro di risorse europee che dobbiamo ancora utilizzare, 15,3 sono in capo allo Stato centrale (progetti PON, FESR e FSE) e 4,6 alle regioni. Insomma, sarebbe sbagliato prendersela solo con le amministrazioni periferiche; la necessità di investire nel personale pubblico riguarda tutti i livelli.
Al 31 dicembre 2022, dei 21,2 miliardi finanziati dall’Ue e gestiti dalle nostre regioni nel settennio 2014-2020, 16,6 sono stati spesi e gli altri 4,6 dovranno esserlo entro quest’anno. Le amministrazioni regionali più in difficoltà sono quelle del Mezzogiorno.
Pena la perdita delle risorse, entro la fine dell’anno la Puglia deve spendere altri 335 milioni di euro, la Calabria 616 milioni, la Campania 1,27 miliardi e la Sicilia 1,45 miliardi. In altre parole, la percentuale di spesa realizzata sul totale da ricevere al 31 dicembre 2022 era solo del 65,5% in Calabria, del 65,7% in Campania e del 64% in Sicilia.
di Tony Ardito
Commenta