“Il traffico illegale di rifiuti non è un delitto mafioso, è un delitto di impresa. Cioè nasce da una domanda di servizi illeciti che gli imprenditori rivolgono alle organizzazioni mafiose”. Lo dice il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti, in un’intervista pubblicata sul mensile Poliziamoderna. “L’imprenditore – spiega Roberti – può cercare di smaltire i rifiuti della sua produzione aziendale in maniera illegale per risparmiare, soprattutto quando si tratta di rifiuti tossici o pericolosi, ma è stimato che tantissimi sono costretti a smaltire ‘al nero’ i rifiuti derivanti da un buon 47% di produzione ‘al nero’ lavorata da personale tra l’altro anch’esso non regolarizzato. Quindi si parte da un’esigenza delle imprese che si rivolgono per l’esecuzione di questo procedimento sporco a coloro che controllano il territorio, solitamente i mafiosi, ma non necessariamente. Spesso sono organizzazioni di malaffare che si comportano però in maniera similare”.
Contro questo fenomeno, secondo il procuratore, “Confindustria può fare moltissimo. Intanto cercando di sensibilizzare i propri iscritti ad accettare di buon grado i controlli riguardo al rispetto delle norme ambientali, che seppur rallentano il ritmo produttivo sono una garanzia di legalità”. Roberti evidenzia poi che “la maggior parte delle materie prime usate nelle fabbriche a ciclo continuo in Africa e Asia si basano sui nostri scarti, scorie di alluminio dei veicoli, tessili, copertoni, plastiche, come ha dichiarato l’ufficio centrale intelligence delle Dogane. Così i rifiuti tossici che i clan mafiosi mandano laggiù ci ritornano indietro sotto forma di giocattoli, utensili, vestiti”.
Fonte ANSA
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