Phishing, se cliente viene truffato colpa non è delle banche, ma sua. Lo dice la Cassazione

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Occhio alle truffe con il phishing, a maggior ragione dopo una sentenza della Corte di Cassazione che, confermando quanto deciso dalla Corte d’Appello di Palermo, ha attribuito la responsabilità al cliente di una banca, che era stato raggirato, e non all’istituto di credito. Gli ermellini hanno introdotto di fatto un principio che rappresenta, per gli istituti di credito, uno scudo di fronte alle richieste di risarcimento danni avanzati da correntisti truffati on line.

Nel caso oggetto della sentenza della corte d’appello di Palermo, secondo quanto riporta Ansa.it, il titolare del conto ha disconosciuto una operazione fraudolenta di bonifico eseguita per via telematica sul proprio conto da una terza persona. Nella causa di primo grado, il tribunale di Palermo aveva condannato la banca a rimborsare al titolare del conto corrente la somma che era stata sottratta fraudolentemente, ritenendo che l’intermediario non avesse adottato tutte le misure di sicurezza tecnicamente idonee a prevenire danni come quello oggetto di causa.

La decisione, tuttavia, è stata riformata dalla sentenza della Corte d’Appello di Palermo, per poi essere confermata dalla Suprema Corte. La Corte di Cassazione, richiamando nei fatti di causa le argomentazioni poste dalla Corte d’Appello, ha dichiarato inammissibile il ricorso escludendo la responsabilità dell’intermediario.

Sul caso interviene la Fabi, sindacato di bancari, di Palermo che da tempo ha iniziato una campagna di denuncia ma soprattutto di informazione sul fenomeno, oramai dilagante, delle truffe bancarie online, spesso sottovalutato e caratterizzato dalla tendenza delle banche a imputare la colpa delle truffe esclusivamente alla disattenzione o alla poca accortezza degli utenti. “Ma non è esattamente sempre così e occorre fare ‘educazione digitale’ rivolta a quelle fasce di clientela non adeguatamente preparate che, a seguito della massiccia chiusura delle agenzie, sono costrette ad adoperare smartphone, app e home banking anche quando non sono in grado”, afferma Gabriele Urzì, segretario provinciale Fabi.

“Noi non facciamo né gli avvocati né i magistrati e le sentenze vanno rispettate, ma siamo molto preoccupati perché le banche rischiano un contenzioso legale che non fa bene a nessuno. La normativa italiana viene in soccorso del correntista – precisa Urzì – e prevede che, se tempestivamente denunciata, sia onere degli istituti di credito provare che l’operazione fraudolenta contestata sia stata autenticata e correttamente registrata e contabilizzata. Ogni istituto di credito o istituzione finanziaria deve dotarsi di un ‘sistema di autenticazione forte’, cioè di una procedura basata sull’impiego di due o più̀ dei seguenti elementi: conoscenza, possesso, inerenza. E sono sempre più recenti casi di clienti che si rivolgono a studi legali e riescono a far valere le loro ragioni”.

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