Gode di buona salute, anzi migliora, il mare italiano. Aumenta il numero delle aree di eccellenza, diminuisce quello delle sufficienze. Questo il quadro della balneabilità delle acque di mari, laghi e fiumi italiani. Nel 2013 ben l’87,2% dei siti balneabili rivela, infatti, una qualità eccellente, con una crescita di due punti rispetto all’anno precedente, quando si attestava all’85,1%. Tuttavia quelli che superano la sufficienza sono scesi dal 96% del 2012 al 94,8% del 2013. Di pari passo, sono aumentate in percentuale del doppio le acque di qualità scarsa, passate dall’1,2% del 2012 al 2,5% del 2013. A dirlo è il rapporto del ministero della Salute sulla qualità delle acque di balneazione italiane e relativo ai dati della stagione balneare dell’anno passato, in base ai valori obbligatori stabiliti dalla Direttiva 2006/7/CE rispetto alla presenza di enterococchi intestinali ed escherichia coli, i temuti batteri fecali presenti nelle fogne che si riversano nell’acque dove poi si va spensieratamente a fare il bagno. Rispetto alla classica domanda, meglio il bagno al mare oppure in laghi e fiumi, il rapporto sembrerebbe premiare il primo. Secondo i dati, la percentuale di acque di balneazione marine di classe eccellente è passata dall’86,3% del 2012 ad all’ 88,5% del 2013, con un miglioramento del + 2,2% rispetto all’anno precedente.
Aumentano anche le acque valutate come ‘almeno sufficienti’ (e che dunque includono le eccellenze): sono il 96,6% del totale delle acque marine del Belpaese, stabili rispetto al 2012 e in crescita del 5,4% rispetto al 2011. Per le acque interne, ovvero quelle di laghi e fiumi, si passa da una percentuale di acque di balneazione di classe eccellente del 75,5% nel 2012 ad una del 77,2% nel 2013, con un incremento del + 1,7%, ma cala di ben dieci punti la percentuale di quelle che raggiungono la sufficienza. Praticamente un crollo, visto che si passa dal 91,6% del 2012 all’81,2% del 2013. Le acque di qualità scarsa sottolinea il documento del Ministero, sono una percentuale molto bassa e comunque “inferiore rispetto ad altri Stati europei, come la Francia 3% e la Spagna 3,3%”. Inoltre, si legge “il dato deve essere analizzato e valutato sia considerando l’elevato numero di acque di balneazione presenti nel nostro Paese (circa un quarto del totale europeo) sia tenendo conto della forte antropizzazione delle nostre coste”.
Fonte ANSA
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