La politica migratoria europea e il fronte russo (di Cosimo Risi)

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Il Consiglio Affari Interni (CAI) ha appena approvato un pacchetto di compromesso sulla politica migratoria. Approvato da Venticinque stati membri, ha conosciuto le riserve di Polonia e Ungheria, degli stessi Governi cui Roma guarda con simpatia di principio nel nome del sovranismo.

La delegazione italiana può ritenersi parzialmente soddisfatta. E’ avviata la procedura di revisione del sistema di Dublino, il complesso di norme contro cui da anni si scaglia l’Italia in quanto stato membro di prima accoglienza e dunque responsabile del trattamento praticato ai migranti.

Il CAI definisce le linee di riforma del sistema comune di asilo europeo: il regolamento “gestione asilo e migrazione” (AMMR) e il regolamento “procedure di asilo” (APR). La cronaca deve risalire al 2015, quando i profughi siriani si riversarono in Europa per sfuggire alla guerra civile nel paese. Riprende nel 2020 con la proposta della Commissione di un nuovo Patto Asilo e Migrazione. Prende velocità nel 2023 sull’onda dell’ennesima emergenza migratoria. Con lo sguardo volto alla dimensione di politica estera, al rapporto con i paesi terzi di provenienza dei flussi ed in particolare la Tunisia.

Il pacchetto introduce il concetto della solidarietà obbligatoria. Questa diventa un obbligo giuridico permanente, non è più la temporanea concessione di un atto discrezionale. La solidarietà obbligatoria è accettata anche dai paesi del Gruppo di Visegrad, con l’eccezione di Polonia e Ungheria. Viktor Orbàn, in particolare, denuncia quella che ritiene un’ingerenza esterna volta a modificare la compattezza etnica del paese.

Si superano alcune strettoie relative ai movimenti secondari dei migranti che approdano al sud per sistemarsi al nord. La responsabilità prioritaria rimane in capo al paese di prima accoglienza con attenuazioni nel corso del tempo, fino ad una sorta di corresponsabilità degli stati membri di destinazione finale.

Le possibilità di collaborare con i paesi terzi dovrebbero aumentare grazie alla dimensione esterna del pacchetto. Occorre che i terzi siano pronti ad assumere gli impegni che la comunità internazionale ritiene necessari. Si pensi alla trattativa in corso fra  Tunisi e il Fondo Monetario per un prestito destinato a risollevare le finanze del paese.

I controlli alle frontiere esterne vanno rafforzati. Alcuni possono essere effettuati in luoghi, scelti dallo stato di frontiera, dove i soggetti possano essere sottoposti alle procedure senza per questo configurare che siano entrati nel territorio europeo.

La collaborazione con i paesi terzi deve considerare il loro grado di sicurezza e  rispetto dei diritti umani. La valutazione comprende alcuni elementi di flessibilità. E’ lo stato membro interessato a stabilire se il collegamento tra il richiedente asilo e il paese terzo sia ragionevole.

Al Parlamento, nel quadro del Trilogo con Consiglio e Commissione,  passa la parola sul compromesso perché diventi atto legislativo. La procedura dovrebbe prendere il resto della legislatura, lascerebbe scoperto il periodo estivo di massima affluenza dei migranti. Resta il contrasto fra le promesse elettorali della coalizione governativa e la lezione delle cifre. Anziché ridursi, il numero dei migranti sta aumentando in misura considerevole, a poco valgono i provvedimenti sulle navi ONG.

E’ la stesso cortocircuito politico del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità. Contro il cosiddetto Fondo salva-Stati si dirigeva il messaggio elettorale a difesa della sovranità nazionale, la sua ratifica si rivela oggi stringente per la   credibilità europea.

La solidità del quadro europeo è messa alla prova da quanto accade in Russia. Nessuno, forse neppure l’Ucraina, ha il reale interesse ad una Russia “balcanizzata”, percorsa da milizie non convenzionali e con accesso all’arma nucleare. L’Europa è nell’immediata retrovia del conflitto, avere una controparte ostile ma autorevole tranquillizza. E’ il momento di trarre profitto dalle difficoltà di Mosca per cercare una ragionevole via d’uscita che le appiani almeno sul fronte esterno.

Sulle migrazioni pesa la previsione dell’ONU: oltre cento milioni di persone  starebbero per muoversi dai luoghi di origine  a causa del cambiamento climatico. Un monito  a quelli che sostengono che il cambiamento climatico c’è sempre stato, come le escursioni termiche e il cambio di stagione nel guardaroba di casa.

di Cosimo Risi

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