La campagna anticipata si svolge attorno a temi alti. Sarà il conflitto in Ucraina, sarà la conseguenza della pandemia, saranno la crisi migratoria e il cambiamento climatico, fatto sta che i punti in discussione sono rilevanti e d’interesse generale. Nessuno stato membro può farcela da solo, troppo seri sono i problemi da affrontare, troppo deboli sono le singole forze da mettere in campo.
Resiste il tabù dell’interesse nazionale da perseguire anche a brutto muso. Resiste l’immagine di un’Europa matrigna che premia chi è già in testa e trascura chi sta indietro. Nell’ambizione di Italia-potenza affiora la recriminazione dell’Italia emarginata dal complotto straniero.
Nei pregiudizi c’è una traccia di verità. Che l’asse franco-tedesco persegua gli interessi nazionali anche a scapito dell’interesse generale, è più di un’ipotesi di scuola. Che gli stati membri fondatori abbiano responsabilità speciali è anch’essa più di un’ipotesi. Spetta a loro farsi protagonisti del processo d’integrazione. Più integrazione significa affrontare la politica europea con lo sguardo lungo.
La guerra in Ucraina mostra la strutturale debolezza del quadro europeo. L’Unione è così disabituata alla prassi della guerra che reagisce attonita, si lascia guidare dall’alleato americano, abbraccia la NATO con una convinzione mai prima così netta.
Il fatto che paesi tradizionalmente neutrali come Finlandia e Svezia abbiano avvertito l’urgenza di aderire all’Alleanza la dice lunga circa il timore che circola anche fra i popoli più distaccati. Le socialdemocrazie non allignano più presso le felici isole scandinave. I conservatori prevalgono, l’elettorato si riunisce attorno alla bandiera della sicurezza.
L’allargamento della NATO contrasta con l’autonomia strategica europea. A meno che l’autonomia non si presenti come un modo per irrobustire la presenza europea in seno all’Alleanza: spendiamo di più per la sicurezza, ci impegniamo sul fronte bellico, possiamo dire la nostra riguardo alle strategie.
C’è da dubitare che gli stati membri siano disposti a pagare di più per la NATO e, insieme, per la difesa europea. L’autonomia strategica europea andrà semmai cercata nelle tecnologie avanzate, nel digitale, nell’intelligenza artificiale.
Da anni, a parlare di ricerca, l’Unione insegue il feticcio della concorrenza a Stati Uniti e Cina. Le conclusioni dei Consigli europei reclamano per l’Unione la culla della ricerca più avanzata. Rispetto ai giganti tecnologici l’Unione resta terza, con la prospettiva di perdere posizioni a misura che altri soggetti si affacciano. L’India è sulla buona strada, così il Brasile della seconda “cura Lula”. A Bruxelles si è appena svolto il vertice con i paesi latino-americani, il Presidente brasiliano ha mostrato di dettare la linea non solo per il suo continente ma per l’agenda mondiale.
E’ sul tappeto la candidatura all’adesione dei Balcani occidentali e dell’Ucraina. E’ alle porte un impetuoso allargamento a Est dopo il Big Bang dei primi Duemila. Sarebbe pernicioso affrontarlo con la strumentazione politica e istituzionale a disposizione.
La tesi è ben esposta da Sandro Gozi, il parlamentare europeo di Renew Europe (intervista a Tutti Europa ventitrenta, 20 luglio 2023). La regola dell’unanimità è una gabbia, con i nuovi membri soffocherà qualsiasi impulso a legiferare in maniera innovativa.
Egli propone di riservare l’unanimità solo alla decisione capitale di accettare i nuovi membri. Né potrebbe essere altrimenti poiché allargamento e modifiche del Trattato sono procedure intergovernative. Tutte le materie strettamente europee (risorse proprie, energia, fiscalità, difesa) andrebbero decise a maggioranza. Le alleanze in campagna elettorale e poi a Strasburgo dovranno considerare questa traccia per uscire dalle secche.
Ursula von der Leyen si candida a succedere a se stessa al Berlaymont. A rieleggerla sarà la stessa “maggioranza Ursula” che la votò nel 2019? La base si allargherà a certi settori conservatori? La tattica di aprire è chiara nelle missioni che la stessa Ursula compie con la Presidente Meloni in Tunisia. In Italia è di casa, è consapevole della nostra preoccupazione per i flussi migratori.
Gli arrivi si sono moltiplicati dal 2022 al 2023. Il Governo dovrà presentare qualche risultato all’elettorato nel 2024, altrimenti la facile promessa di bloccare gli arrivi, costi quel che costi, si rivelerà vacua. Per non parlare del PNRR. Su questi punti si misura la possibile convergenza fra interesse nazionale e politica europea.
di Cosimo Risi
ottima analisi, complimenti