Truffavano correntisti grazie a tecniche di phishing: misure cautelari per 8 salernitani

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La Sezione Operativa della Sicurezza Cibernetica – Polizia Postale e delle Comunicazioni di Salerno, coordinata dal C.O.S.C. Campania Basilicata e Molise, ha dato esecuzione, nei giorni scorsi, a cinque misure cautelari personali dell’obbligo di firma nell’ambito di procedimento penale nel quale erano già state eseguite ulteriori tre misure cautelari a carico di cittadini salernitani, i quali, secondo la ricostruzione della Procura della Repubblica di Salerno, sarebbero autori di reati di truffa realizzate mediante sofisticate tecniche di phishing.

Le misure cautelari eseguite, inizialmente rigettate dal gip presso il Tribunale di Salerno per mancanza di esigenze cautelari erano state emesse, a seguito di appello, dal Tribunale per il riesame in data 15.12.2023, all’esito del quale la Corte di Cassazione, con provvedimento del 16.02.2024, ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dai cinque indagati.

All’individuazione dei presumibili autori dei reati si è giunti a seguito di una complessa attività di indagine scaturita da una denuncia sporta da una giovane vittima che aveva perso tutti i propri risparmi e proseguiva con l’immediata esecuzione di perquisizioni e sequestri di materiale informatico di soggetti rinvenuti nei pressi di un Ufficio Postale, il cui studio consentiva di delineare a carico degli indagati colpiti da provvedimento cautelare quello che è stato ritenuto dal giudice, allo stato delle investigazioni che sono da sottoporre al vaglio del giudice dibattimentale, un grave quadro indiziario.

Nel corso delle indagini gli iniziali elementi forniti dalla persona offesa sono stati arricchiti mediante indagini tecniche, intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche le quali consentivano la contestazione di ulteriori reati, consistenti in frodi commesse mediante il telefono, da soggetti che si fingevano funzionari dell’Ufficio Antifrode di Poste Italiane s.p.a., e che utilizzavano utenze telefoniche, poi risultate fittizie, che sembravano apparentemente riferibili proprio all’Ufficio Antifrode (c.d. spoofing).

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