Salerno, feto morto alla 41esima settimana al Ruggi: la relazione del primario

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Non ci sarebbe alcuna responsabilità diretta del primario di ginecologia, il dottor Giuseppe Laurelli nella drammatica vicenda che ha visto protagonista una donna di 35 anni, residente nei Picentini, alla quarantunesima settimana di gravidanza. Lo scrive Le Cronache consultabile on line

Il Ruggi avrebbe avviato una inchiesta interna per far luce su quanto accaduto e una seconda sarebbe stata avviata a livello giudiziario ma proprio all’indomani della tragedia il primario avrebbe presentato una dettagliata relazione al direttore generale del Ruggi Vincenzo D’Amato chiedendo di procedere con un’autopsia sul feto per chiarire la dinamica del dramma consumato.

Una morte improvvisa che può accadere, avrebbe spiegato il dottor Laurelli nella sua relazione, ricostruendo gli esatti retroscena di quelle giornate che hanno visto la donna ricoverata presso il reparto di ginecologia. Sono state seguite le linee guida nazionali e internazionali che prevedono: nelle paziente che non hanno alcun tipo di patologia particolare, al termine e che hanno uno stato di benessere fetale, una pre induzione per il travaglio a 41 settimane più due giorni.

La donna sarebbe stata ricoverata a 39 settimane perché aveva dei prodromi di travaglio poi abortiti per poi essere ricoverata nuovamente alla 41esima settimana e un giorno per essere indotta ma le linee guida chiariscono che ad una paziente a termine bisognerebbe pre indurre o indurre il parto tra la 41esima e la 42esima settimana per evitare un fallimento ed essere costretti a fare ricorso al taglio cesareo.

Stando ai dati diffusi recentemente, presso l’azienda ospedaliera universitaria Ruggi la percentuale di tagli cesarei supera la soglia del 50% e il neo direttore Laurelli sta lavorando per invertire il trend e aumentare, di conseguenza, il numero dei parti naturali come indicato dalla Regione seguendo le indicazioni del ministero della Sanità che vorrebbe una percentuale del 25% per i Lea di secondo livello, come nel caso del nosocomio locale. Dunque, dalle indicazioni giunte l’azienda ospedaliera universitaria Ruggi deve rientrare da questo eccesso di parti cesarei e tornare ai parametri previsti dal ministero.

Tornando al caso specifico, dalla relazione che il medico ha presentato emergerebbe che la donna è stata pre indotta: il giorno del ricovero è stato utilizzato il Propess per stimolare la maturazione del collo e il travaglio di parto per poi essere rimosso dopo 24 ore.

Nel caso specifico, ancora, non vi erano le condizioni per procedere con l’induzione, monitorata costantemente fino a tarda sera, con mamma e piccolo in perfette condizioni di salute mentre il giorno successivo il battito del feto è risultato assente e per la donna, a causa delle precarie condizioni psicologiche, è stato necessario procedere con il taglio cesareo, di concerto con la psicologa che ha assistito la famiglia nel momento drammatico.

Proprio il primario avrebbe chiesto un esame istologico della paziente e l’autopsia del feto, ottenendo il consenso della famiglia. 

Fonte Le Cronache

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