La Giunta porta all’approvazione del Consiglio comunale il bilancio previsionale, dal quale emerge nella nota integrativa il disavanzo presunto da coprire con l’esercizio 2024 di euro 33.616.248, nel mentre nel c.d. bilancio di disavanzo, oggetto di presunto recupero, detto importo risulta pari ad euro 25.196.984, con uno scollamento, non certo irrilevante, pari a circa 8.000.000 di euro.
La questione era stata rilevata dal consigliere di opposizione dott. Roberto Celano, che di professione è dottore commercialista, in termini di evidente inattendibilità del bilancio di previsione, perché ritenuto non corrispondente ai criteri vincolanti del Testo Unico Enti Locali e dei vigenti principi contabili. Ciò nonostante, di fronte all’evidenza dell’inattendibilità del mero dato numerico, il Consiglio comunale, anche in assenza di qualsiasi intervento esplicativo dell’Assessore al ramo, aveva proceduto come “un carro armato” (però, senza guidatore) all’approvazione del documento.
In sostanza, dalle opposizioni era stato reso palese che il mancato recepimento in bilancio dell’intera quota di disavanzo da ripianare, aveva comportato il predetto scostamento (si ripete, circa 8 milioni di euro !!), non restando questo dato secondario per un Comune che, in forte indebitamento finanziario, ha aderito al piano “Salva città”. L’intera vicenda, per altro, è stata puntualmente ricostruita da Alfonso Malangone in un interessante articolo pubblicato da “Le Cronache”.
L’amministrazione comunale, dopo l’intervenuta approvazione del bilancio di previsione, si è vista costretta a “rettificare” il documento contabile, assumendo la sussistenza di un mero errore materiale (sulla sua stessa qualificazione è, però, lecito porre qualche perplessità), con la conseguenza che il bilancio di previsione dovrà essere riportato in consiglio comunale per provvedere ad una sua nuova approvazione (nonostante, l’intervenuta scadenza dei termini, previsti dalla legge per il 15 marzo 2024), con conseguenti inevitabili ricadute anche per il bilancio successivo e la costante previsione di ulteriori oneri tributari, che già pesano significativamente nelle tasche dei salernitani che pagano le tasse.
Vi è, poi, un ulteriore elemento, neppure secondario, da tenere in considerazione, relativo all’accertamento della conformità del bilancio a quei generalissimi principi che assistono la materia, ovvero i principi di veridicità, di correttezza rappresentativa e di chiarezza.
Ci si chiede, allora, cosa insegna questo episodio. Innanzi tutto mi pare che il comportamento assunto dal Sindaco e dalla stessa maggioranza può ritenersi ispirato o ad evidente incompetenza oppure a mera arroganza “numerica” (non sempre il criterio maggioritario risponde alla “ragione”), posto che a fronte dell’evidenza matematica e della deficienza contabile-rappresentativa si è ritenuto comunque di approvare il bilancio di previsione.
Per altro, già in due occasioni, ovvero in questa e in quella del dimensionamento scolastico, la “dotta” e “competente” amministrazione comunale non ha ritenuto di tenere in considerazione i suggerimenti tecnici dell’opposizione, e in particolare di Forza Italia (a dimostrazione, invece, che in città esiste, nonostante quello che dichiara il Sindaco, un’opposizione preparata e costruttiva).
Sull’incompetenza già è stato detto, anche con riferimento all’improvvida sostituzione del precedente assessore tecnico, una professoressa ordinaria dell’Università specializzata nella materia, con altro, che sicuramente non possiede le medesime conoscenze specialistiche (ancor più necessarie per la situazione di crisi in cui versano le finanze comunali). Ma l’elemento più preoccupante resta quello dell’arroganza che, nella nostra città, è il frutto dell’atavica assenza – un giorno o l’altro ne dovranno pure essere svelate le ragioni – di qualsiasi controllo delle autorità competenti, contabili e non.
In sostanza, con il tempo si è radicato il senso di una certa “impunità” (valutativa), che a volte potrebbe indurre a scelte a dir poco criticabili, sì che il danno che viene arrecato alla cittadinanza e allo stesso funzionamento delle istituzioni democratiche resta evidente. Si pone, in questa grigia ed asfittica attualità cittadina, l’antica domanda posta da Giovenale nelle “Satire”: quis custodiet custodes ? Sì da riproporre il dibattito giusfilosofico tra Carl Schmitt, Hans Kelsen e Rudolf Smend sullo sfondo della crisi della democrazia.
Giuseppe Fauceglia
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