La localizzazione rientra in una più ampia attività di monitoraggio e tutela dei siti marini, già rilevati a partire dai primi anni 2000, nell’ambito del progetto “Archeomar”, coordinato dall’allora Direzione Generale Archeologia del Ministero della Cultura, con l’obiettivo di realizzare un censimento dei beni archeologici sommersi presenti lungo le coste delle regioni Campania, Basilicata, Puglia e Calabria.
“Ad oggi soltanto alcuni dei siti mappati sono stati oggetto di scavi scientifici, mentre per l’ancora di Palinuro al momento non vi sono in programma azioni di recupero, trattandosi molto probabilmente di una parte di un relitto per il quale occorrerebbe un cospicuo investimento al fine di eseguirne lo scavo scientifico di competenza della Soprintendenza ABAP di Salerno e Avellino, sotto il coordinamento della Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo – come si legge nella nota degli investigatori
Il ceppo di ancora in piombo, che giace integro e infisso nel fondale sabbioso a 52 metri di profondità, doveva appartenere a una nave romana probabilmente inabissata intorno al 253 a.C., di cui al momento non sono state individuate le altre parti.
Nel corso delle attività è stata eseguita un’accurata documentazione fotografica e di rilievo, anche grazie all’ausilio del ROV (remotely operated vehicle), un sottomarino a comando remoto, a cui si devono le suggestive immagini che testimoniano il buono stato di conservazione del reperto“.
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