Il suo primo incontro, da Cancelliera federale, con il Presidente Donald Trump. La scenetta della stretta di mano, con Trump che non le porge la sua a dimostrare la freddezza del rapporto con la Germania e con l’Europa. La reazione di Merkel: la freddezza teutonica, gli occhi cerulei immobili, il volto inespressivo. Caustico è il commento a fine incontro: “ho sbagliato a trattarlo come un essere normale”.
Non che Trump sia fuori di testa, egli ragiona con la mentalità dell’immobiliarista, il mestiere che svolgeva prima di darsi alla politica. È attratto dalle personalità autoritarie, nel costume aziendale le decisioni sono sbrigative. Ha l’ansia di piacere all’interlocutore, la scarsa propensione al compromesso, la visione manichea del mondo. Questo è lacerato dalla rivalità fra i paesi, il guadagno dell’uno è la perdita dell’altro. Bisogna conquistare posizioni per non cederle ai rivali. Lo spirito della cooperazione, di cui è intrisa l’Unione europea, gli è estraneo.
Il racconto di Vladimir Putin promette di essere chiaro e lungimirante. Angela lo comprende appieno, lui che parla tedesco dal servizio di agente in Germania e lei che parla il russo dalla gioventù nella Repubblica Democratica Tedesca. Vladimir va preso sul serio, le minacce di ricorrere all’arma nucleare sono credibili, va contenuto subito. Non opponendo la forza alla forza, ma con la virtù lenta della diplomazia. La Russia ci sta, che lo vogliamo o no, con il suo arsenale, il suo immenso territorio, le sue risorse naturali, il suo peso strategico.
La NATO, auspice il Presidente americano George W. Bush, voleva integrare Georgia e Ucraina. Putin soffriva nel pensare di essere maltrattato, rispondeva con aggressività al solo sospetto. Angela, con altri dirigenti europei, si oppose. Pur tuttavia, la sola promessa di allargare la NATO ai due paesi ex sovietici costituiva una minaccia, la Russia era costretta a rispondere. Ed infatti – nota Merkel – la promessa trova la replica nell’aggressione alla Georgia, nell’annessione della Crimea, nella programmazione dell’invasione dell’Ucraina. Tutto pur di scongiurare l’avvicinamento della NATO alla “patria russa”.
Molte volte e sin dai primi incontri, Putin le ha confidato che la fine dell’Unione Sovietica era la sciagura del XX secolo. Una sciagura che egli avrebbe cercato di risarcire per mettere in sicurezza la Russia dalle minacce esterne.
La ex Cancelliera traspare dalle pagine come una dirigente europea di caratura mondiale. Probabilmente la sola ad afferrare la complessità delle relazioni internazionali, presa com’era da tre diverse esigenze: tenere testa a colleghi volubili come Trump e Putin, preservare il modello tedesco, guidare l’Unione europea. Era lei la vera guida dell’Unione, come tale era riconosciuta all’esterno.
Le sue simpatie, lo riconosce nel libro, andavano a esponenti del mondo democratico: Barack Obama e Kamala Harris. Il primo sta sulla scena da formidabile oratore, la seconda è una magnifica perdente.
Lapidario è il commento di Putin: “quando tu non sarai più alla Cancelleria, Georgia e Ucraina staranno nella NATO”. Angela era il baluardo, Vladimir ne riconosceva la caducità politica. Angela lascia la Cancelleria nel dicembre 2021. A febbraio 2022 la Russia invade l’Ucraina.
di Cosimo Risi
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