Se si allarga lo sguardo al territorio regionale, la Campania è settima in Italia (con il 3,9%) per tasso di incidenza delle imprese dell’economia del mare sul totale di quelle attive nella regione. Dal punto di vista del valore aggiunto il settore, sempre in riferimento a tutto il territorio regionale, esprime oltre 3,5 miliardi di euro, il 4% del totale regionale. Dal punto di vista dei livelli occupazionali in Campania sono 75.400 gli addetti (il 5% del totale degli occupati). Le imprese sono 21.751 (il 3,9% del totale come già detto).
Il quadro delle province.
La provincia che esprime più aziende è quella di Napoli con 15.444 (il 5,6% del totale provinciale). Seguono: Salerno (4.981, 4,2%); Caserta (1.013, 1,1%); Avellino (188, 0,4%); Benevento (125, 0,4%). Sul versante del valore aggiunto è sempre la provincia di Napoli a trainare il comparto: oltre 2,6 miliardi di euro (5,8% della ricchezza prodotta a livello provinciale). Seguono: Salerno (672,4 milioni di euro, 3,8%); Caserta (121,9 milioni di euro, 1%); Benevento (35,8 milioni di euro, 0,9%); Avellino (29,2 milioni di euro, 0,4%). Se si scende nel dettaglio della distribuzione degli occupati, all’interno dei 75.400 addetti su tutto il territorio regionale, si evidenzia questo tipo di articolazione: Napoli 57.000; Salerno 14.700; Caserta 2.600; Benevento 600; Avellino 500.
Il Mezzogiorno.
Nel Mezzogiorno “sono localizzate – è scritto sempre nel Rapporto Unioncamere – oltre 78 mila imprese della blue economy, circa il 43% del totale nazionale, che si connotano per una spiccata prerogativa turistica legata all’accoglienza”. I servizi di alloggio e ristorazione nel Sud e nelle Isole rappresentano il 41,9% dei casi. Le regioni con la maggiore incidenza di tale tipologia di aziende – rispetto al totale dell’economia del mare – sono la Calabria (48,3%), l’Abruzzo (46,2%) e la Sardegna (44,6%), ma anche Campania e Puglia “registrano valori medi superiori a quelli nazionali”. Anche la filiera ittica “riveste un ruolo importante (21,1%), dato che in quest’area sono presenti numerosi allevamenti ittici e il consumo di pesce è molto apprezzato, in particolare in regioni come il Molise (29,6%), la Basilicata (26%), la Puglia (24,5%) e la Sicilia (24,4%)”. “Da questa prima analisi emerge, dunque, la grande anima turistica del Meridione – spiegano gli analisti di Unioncamere – che investe non soltanto nelle strutture, ma anche nello sviluppo di forme turistiche legate all’enogastronomia e al divertimento. Il 16,7% delle imprese “blu” corrisponde, infatti, al settore dell’attività sportiva e ricreativa, un’incidenza lievemente inferiore rispetto a quella del 2013 (16,9%), ma che risulta ancora al di sopra della media nazionale, in particolare in regioni come l’Abruzzo (19,9%), la Sicilia (17,8%), la Calabria (17,7%) e la Basilicata (17,5%)”. “Si può affermare, dunque, con cautela – continua Unioncamere – che il Mezzogiorno si stia muovendo verso un modello di turismo che tende a differenziare e a offrire opportunità altre, come ad esempio l’enogastronomia, rispetto a quelle meramente balneari, così da produrre un effetto di destagionalizzazione che consente uno sviluppo ed una crescita più sostenibile”.
Lo scenario nazionale.
La fotografia scattata da Unioncamere evidenzia che “in Italia, nel 2014, l’economia blu conta circa 181 mila imprese annotate nei Registri delle Camere di Commercio, il 3% del totale complessivo imprenditoriale, che nonostante una prevalente localizzazione nei comuni costieri, si trovano ad operare anche in località dell’entroterra”. Importante la distinzione “settoriale” operata all’interno della ricerca. “Le attività dell’economia del mare – si sottolinea – possono essere raggruppate in due grandi cluster: il primo più strettamente connesso al turismo, inteso come settore dell’accoglienza, della ristorazione e del divertimento; il secondo più “hard”, legato alla cantieristica, ma anche all’innovazione e allo sviluppo”. Nel 40,7% dei casi (oltre 74 mila imprese) “si tratta di imprese legate ai servizi di alloggio e ristorazione. Il turismo in primis, dunque, e più nello specifico la ricezione e la ristorazione, svolge un ruolo rilevante supportato anche da quel valore intrinseco che lo caratterizza: la tradizione italiana dell’ospitalità e la cultura culinaria che ben rappresenta l’Italia anche all’estero”. Sono, invece, circa 28 mila le imprese “legate ad attività connesse al campo dello sport e del divertimento, come tour operator, guide, accompagnatori turistici, ma anche discoteche, sale da gioco, insomma tutto ciò che intrattiene e diverte il turista”. Capofila delle aziende del secondo gruppo di imprese è, in ogni caso, “la filiera della cantieristica che, con circa 27 mila attività imprenditoriali, il 64,2% delle quali localizzate nei comuni costieri, incide per il 15,2% sul totale delle imprese dell’economia del mare”. Seguono, poi, le imprese di trasporto via acqua di merci e persone (6%), “che, in valori assoluti non raggiungono le 11 mila unità”. Non meno importante “il comparto delle aziende che si dedica all’attività di ricerca nel campo delle biotecnologie marine e delle scienze naturali legate al mare: sono circa 6 mila imprese, il 3,4% del totale”.
La scheda/ I sette settori dell’economia del mare.
Entrando maggiormente nello specifico, la nuova visione dell’economia del mare si è incentrata sui seguenti sette settori:
– filiera ittica: ricomprende le attività connesse con la pesca, la lavorazione del pesce e la preparazione di piatti a base di pesce, includendo anche il relativo commercio all’ingrosso e al dettaglio;
– industria delle estrazioni marine: riguarda le attività di estrazione di risorse naturali dal mare, come ad esempio il sale, piuttosto che petrolio e gas naturale con modalità off-shore. Si tiene a precisare che per questo settore le stime si sono dovute fondare su alcune ipotesi tali da consentire di individuare all’interno dell’attività estrattiva quella riconducibile al mare;
– filiera della cantieristica: racchiude le attività di costruzioni di imbarcazioni da diporto e sportive, cantieri navali in generale e di demolizione, di fabbricazione di strumenti per navigazione e, infine, di istallazione di macchine e apparecchiature industriali connesse;
– movimentazione di merci e passeggeri: fa riferimento a tutte le attività di trasporto via acqua di merci e persone, sia marittimo che costiero, unitamente alle relative attività di assicurazione e di intermediazione degli stessi trasporti e servizi logistici;
– servizi di alloggio e ristorazione: sono ricomprese tutte le attività legate alla ricettività, di qualsiasi tipologia (alberghi, villaggi turistici, colonie marine, ecc.) e quelle chiaramente relative alla ristorazione, compresa ovviamente anche quella su navi;
– ricerca, regolamentazione e tutela ambientale: include le attività di ricerca e sviluppo nel campo delle biotecnologie marine e delle scienze naturali legate al mare più in generale, assieme alle attività di regolamentazione per la tutela ambientale e nel campo dei trasporti e comunicazioni. Inoltre, in questo settore sono presenti anche le attività legate all’istruzione (scuole nautiche, ecc.);
– attività sportive e ricreative: ricomprende le attività connesse al turismo nel campo dello sport e divertimento, come i tour operator, guide e accompagnatori turistici, parchi tematici, stabilimenti balneari e altri ambiti legati all’intrattenimento e divertimento (discoteche, sale da ballo, sale giochi, ecc.).
(Fonte: “Unioncamere-SI.Camera, Quarto Rapporto sull’Economia del Mare, 2015”, www.unioncamere.gov.it/30.04.2015)
L’economia del mare? Vale 672 milioni in provincia di Salerno
L’economia del mare in provincia di Salerno vale oltre 672 milioni di euro ed offre lavoro a 14.700 addetti. Complessivamente le imprese si attestano a quota 4.981 ed in questo caso il territorio salernitano (per “numerosità assoluta”) è il sesto in Italia. E’ racchiusa in questi numeri – estrapolati dal quarto Rapporto Unioncamere dedicato a questo specifico ambito economico e produttivo – la rilevanza strategica della blu economy che comprende sette aree di riferimento: filiera ittica; industria delle estrazioni marine; cantieristica; movimentazione delle merci e dei passeggeri; servizi di alloggio e ristorazione; ricerca, regolamentazione e tutela ambientale; attività sportive e ricreative. Va ancora aggiunto a questi calcoli la capacità moltiplicativa insita nell’economia del mare: per ogni euro prodotto direttamente “riesce ad attivarne altri 1,9”. A livello nazionale, nel 2014, tra produzione diretta ed indiretta l’intera filiera ha generato 125 miliardi di euro di valore aggiunto.
Commenta