Credo che, la stragrande maggioranza delle persone, non voglia mai abituarsi al malcostume ed al malaffare. E’ evidente, però, che i disonesti – ovunque annidati – qualcuno, pure, li elegge o colloca. Negli apparati pubblici, in particolare, è opportuno elevare i livelli di verifica interna dei percorsi amministrativi; è necessario invocare una maggiore tracciabilità e fruizione degli stessi, ma rispettando tempi rapidi e certi.
Non ultimo, incentivare la rotazione dei dirigenti, segnatamente in strutture “sensibili”. Poi, c’è sempre l’importante ausilio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione – istituita nel 2014 – la cui chiave dell’attività è quella di “vigilare per prevenire la corruzione creando una rete di collaborazione nell’ambito delle amministrazioni pubbliche…”.
I recenti arresti operati prima a Milano, nei quali sono implicati eminenti esponenti della Regione Lombardia; successivamente a Roma, in cui è coinvolta la “dama nera” ed i suoi sodali in seno all’Anas e giovedì scorso, in Sicilia, ove è compromesso, fra gli altri, il presidente di Rete Ferroviaria Italiana, scoraggiano, ulteriormente, una opinione pubblica già, abbastanza, sfiduciata.
Il pensiero è, anche, rivolto alle analoghe vicende avvenute, nei diversi luoghi, piccoli e grandi, della rappresentanza, in cui taluni politici, amministratori e dipendenti infedeli, anziché porsi a servizio del bene comune, se ne sono, spudoratamente, asserviti, andando ben oltre la già deprecabile pratica della “clientela” e in diversi casi, sancendo, persino, sodalizio con le organizzazioni criminali.
Un sinistro uso, replicato in ogni dove: al sud, come al nord.
La finalità può essere, allora, solo l’esercizio, ad ogni costo, del potere? No, penso proprio di no! Si conferma, sempre più spesso, il danaro. Come se, coloro che si rendono protagonisti di questi misfatti, fossero spinti da una insaziabile avidità ed una incontenibile brama di arricchirsi e l’unico strumento, utile allo scopo, fosse lo scellerato controllo di un apparato, di un ente, di una istituzione.
Il potere – già soverchiante fonte di beneficio – sarebbe, dunque, non il fine, bensì il mezzo.
Alcune settimane fa, provai ad indugiare sul delicatissimo tema della Sicurezza e l’argomento trattato oggi, apparirebbe altro rispetto al precedente; ritengo, viceversa, che siano, assolutamente, paralleli. La limpidezza dei comportamenti, la trasparenza, la responsabilità – del singolo componemte e dell’insieme – di una classe dirigente che le rappresenta, degnamente, conferisce maggiore stabilità, prestigio ed autorevolezza alle Istituzioni democratiche; le rende più solide e forti.
Ciò costituisce, insieme a tanto altro, un massiccio argine, un poderoso deterrente per l’insinuarsi e l’attecchire del crimine, a qualunque livello, nei Palazzi, come nel variegato tessuto sociale di cui è composta una comunità. Laddove tali presupposti, al contrario, sono fragili se non, addirittura, evanescenti, le vulnerabilità, si manifestano copiose ed espongono, gli uni e gli altri, ad ogni rischio e debolezza.
Troverebbe, così, conferma, l’equazione secondo la quale, i comportamenti e la morale pubblica sono, sostanzialmente, speculari a quelli privati. Come sempre, è una questione di Uomini e di Donne.
editoriale a cura di Tony Ardito, giornalista
Analisi realistica e fin troppo aderente alla realtà! C’è bisogno di pulizia morale. Concordo con l’autore dell’articolo.