“Oggi (n.d.r.: luglio 2013) si contano 117 democrazie elettive, fondate cioè sulla procedura delle elezioni, su un totale di 195 paesi. Tra queste, 90 sono considerate democrazie effettive”(Van Reybrouck).
Anche attraverso le parole di Van Reybrouck ritorna il tema, che attraversa i millenni, e ripropone il “nodo gordiano”, che più di tutti a quanto pare occorre sciogliere, dell’effettività del sistema denominato democrazia. Certo è che i millenni hanno il portato del cambiamento, che accade. Ovvero, il de-stino, che è: lo stare dell’essere e l’essere dello stare medesimo. Unica costante, che apparentemente permane, il principio di regolazione dei rapporti tra elettori ed eletti. Ridurre pertanto l’intera questione al fatto elettorale è cosa piuttosto banale, tanto da apparire tutto sommato inutile.
Van Reybrouck stabilisce quindi, già in apertura, che la questione di ogni sistema politico, e quindi anche la stessa forma della democrazia, “deve trovare un equilibrio tra due parametri fondamentali: l’efficienza e la legittimità … L’efficienza corrisponde alla capacità d’agire, la legittimità al sostegno dei cittadini all’azione pubblica”. E qui, il parametro dell’efficienza sembra pertanto precedere l’altro parametro prefissato della legittimità; come se il cittadino moderno(confesso che preferirei usare l’aggettivo sostantivato postmoderno), a differenza del cittadinoantico, debba essere pubblicamente capace di agire per essere legittimato, e non esattamente il contrario. Prima di arrivare al voto, che lo elegga, il candidato deve infatti dare prova pubblicamente di ogni sua capacità o incapacità, peraltro, a quanto pare, non solo di governo.
Angelo Giubileo
(Parte IV – continua)
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