Non c’è bisogno di scomodare alcuno per ribadire un concetto che è semplice e fin troppo scontato: la qualità e la quantità di lavoro deve essere equamente retribuita, indipendentemente da dove si esplica. La vicenda del cosiddetto dumping contrattuale nella sanità privata accreditata campana è sintomatico di un lavoro di demolizione di questo principio democratico, con buona pace dei difensori del liberismo a tutti i costi. Oggi uno stesso professionista dipendente, per la stessa prestazione nel settore sanitario, con lo stesso titolo professionale, per la medesima qualità lavorativa può percepire il 100% della retribuzione dovuta, il 90%, l’80% e addirittura il 50%, a seconda del contratto applicato. Definire sconcertante questa situazione è forse poco.
Invece va definita vergognosa l’azione della Regione Campania che prima obbliga ad adottare il CCNL AIOP-ARIS-DON GNOCCHI e poi lascia che ogni struttura sanitaria si regoli a proprio piacere, consentendo la riduzione di retribuzioni orarie, l’incremento degli orari di lavoro, la riduzione di diritti. In altri termini, la Regione Campania tollera che migliaia di lavoratori finiscano nel tritacarne e addirittura propone di legalizzare… l’illegalità. A fine dicembre 2014, con DCA n. 154, la Regione Campania, a gestione Caldoro, realizza un disegno squalificante: con un solo colpo di penna, annulla le norme contenute nella DGRC n. 6757/96 che obbligavano i centri di riabilitazione ad utilizzare il CCNL AIOP-ARIS-DON GNOCCHI.
Eppure si trattava di un protocollo d’intesa sottoscritto dalla Regione, Organizzazioni Sindacali dei lavoratori, Associazioni datoriali. Non può una sola parte derogare da essa da un giorno all’altro in maniera unilaterale e indiscriminata. In quella delibera c’erano impressi e codificati diritti e doveri degli attori del settore privato accreditato della riabilitazione. C’era un assunto fondamentale: la qualità delle prestazioni da erogare va raggiunta anche con il rispetto dei lavoratori.
Non è ammissibile in alcun modo mercanteggiare sulla qualità dell’assistenza da erogare a pazienti affetti da gravi disabilità o da gravi patologie cliniche che hanno necessità di un’assistenza continuativa e di alto profilo nonché di una tutela che solo un personale motivato e professionalizzato può assicurare. Chi ritiene che la stessa qualità del lavoro possa essere erogata con retribuzioni da fame è sicuramente qualcuno che non vive nel mondo reale, è qualcuno che è semplicemente interessato a raggiungere obiettivi contrari a quelli che il Servizio Sanitario si prefigge di raggiungere.
Le Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative chiedono la messa al bando di questi contratti sottoscritti da datori di lavoro e sindacati compiacenti. Chiedono un contratto unico di settore che superi ogni discriminazione. La constatazione che la Regione Campania si presti a queste azioni deve far riflettere. La mancanza di un controllo e di sanzioni costituisce un fatto di assoluta gravità. Non è possibile recuperare anni di disattenzione da parte di AASSLL e Regione con l’accettazione dello stato di fatto. Significa una resa dello Stato.
Significa abbandonare migliaia di lavoratori alla mercé di datori di lavoro che, sciolti da ogni regola e controllo, si regolano come meglio credono, facendo girare nel proprio tritacarne ogni elementare diritto di chi ha bisogno di uno stipendio. Le forze politiche che sostengono l’attuale compagine politico-amministrativa della Giunta Regionale dovrebbero attivarsi, negando che si pervenga a una falsa riduzione dei costi. Forse ancora non è chiaro nelle menti di tanti politici e dirigenti, ma l’economia derivante dal taglio delle retribuzioni di lavoratori impegnati in un settore tanto delicato, invece che di quei costi inutili che ancora oggi vengono sostenuti, non porterà ad elevare la qualità dei conti regionali.
Servirà a dimostrare di aver conseguito un risultato nel breve periodo, servirà a chi deve documentare di aver risanato la Sanità Regionale nel giro di due anni, ma non servirà a chi deve vivere nella Regione Campania nei prossimi cent’anni. Saremo più poveri, meno professionali, con meno diritti e con tanta discriminazione in più. Tutto cio’ non puo’ e non deve essere tollerato!! Allora la Regione ci chiami: sapremo fare la nostra parte. Se non ci chiamerà, i lavoratori sapranno comunque fare la loro parte. Perché non è possibile assistere inerti alla demolizione dello stato dei diritti.
Il Segretario Conf. CGIL Salerno – Arturo SESSA
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