Si discute da anni sull’annosa questione riguardante il pagamento dell’IRAP da parte dei lavoratori autonomi ed in modo particolare dei professionisti. La questione ruota anche sull’interpretazione dell’autonoma organizzazione.
Quando vi è autonoma organizzazione?
La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 10 maggio 2016, n. 9451 ha dato un orientamento che non dovrebbe lasciare altri dubbi, in merito al fatto di avere un costo per lavoratore dipendente, sia a tempo determinato che indeterminato o anche part-time. La Sentenza specifica che il lavoratore che svolge un’attività non collegata alla produzione del reddito non configura un’autonoma organizzazione.
La Sentenza è stata scritta in maniera chiarificatrice e comprensibile anche per i non addetti ai lavori. Si ritiene utile riportarne parte del testo che riguarda segnatamente il concetto di “autonoma organizzazione”.
Dice la Corte a Sezioni Unite:
“Accanto ai beni strumentali vi sono i mezzi personali di cui egli può avvalersi per lo svolgimento dell’attività, perché questi davvero rechino ad essa un apporto significativo, occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è il proprium della specifica (professionalità espressa nella) “attività diretta allo scambio di beni o di servizi”,…….di cui fa discorso l’art. 2 del d. lgs. N. 446 del 1997, e ciò vale tanto per il professionista che per l’esercente l’arte, come, più in generale, per il lavoratore autonomo ovvero per le figure “di confine” individuate nel corso degli anni dalla giurisprudenza di questa Corte.
E infatti in tali casi che può parlarsi, per usare l’espressione del giudice delle leggi, di “valore aggiunto” o, per dirla con le pronunce della sezione tributaria del 2007, “di quel qualcosa in più”.
Diversa incidenza assume perciò l’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questi si concreti nell’espletamento di mansioni o di segretaria o generiche esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto generico.
A questo punto la Cassazione a SS. UU. con chiarezza e determinazione, enuncia e conclude con un principio – auguriamoci dirimente per tutti – che dovrebbe evitare di ritornare ancora sull’argomento. La tela di Penelope può dirsi terminata.
Ecco principio di diritto.
“Va pertanto enunciato il seguente principio di diritto: “con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del d. lgs. 15 settembre 1997, n. 446 –il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
- Sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
- Impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvale in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
Il punto importante che ora viene chiarito (auguriamoci per tutti) è che è possibile avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o generico. Il lavoro altrui dev’essere svolto come un’attività che non rappresenta un elemento potenziale ed aggiuntivo ai fini della produzione del reddito. Insomma, l’unico collaboratore, non deve entrare nel merito dell’attività svolta dal proprio committente.
La Corte di Cassazione ha ribadito tale principio con la recente → Ordinanza del 26/7/2016, Sez. 6, n. 15494 e precisa, ulteriormente, che “l’accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato”.
Da quanto innanzi, credibilmente, l’Agenzia delle Entrate eviterà di impegnare ancora la Corte di Cassazione che ha un ingente carico di lavoro. E’ notizia della scorsa settimana che proprio l’elevato contenzioso, pendente dinanzi la Corte di Cassazione, ha indotto il Consiglio dei ministri ad approvare un decreto legge che prevede la proroga di un anno del termine di pensionamento dei magistrati che ne fanno parte.
Tra i presupposti per l’applicazione dell’IRAP vi è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata e il legislatore italiano non ha definito, in maniera inequivocabile, quali fattori identifichino l’autonoma organizzazione.
Dopo numerosissime sentenze la Suprema Corte a SS.UU. ha provveduto a dare un qualificato contributo e chiarito quando ricorre tale presupposto.
Quanto innanzi interessa non solo i professionisti ma anche i brocker assicurativi, agenti di commercio, procacciatori d’affari, promotori finanziari, imprenditori persone fisiche, commercianti al minuto, gestori di bar, artigiani e la casistica potrebbe continuare perché è ampia.
Cosa fare e come utilizzare la possibilità che la Cassazione offre ai contribuenti.
Per coloro che hanno già scelto di non pagare il problema non si pone, tranne che esaminare la possibilità di chiedere il rimborso per gli anni per i quali hanno pagato.
Per chiedere il rimborso dell’Irap occorre verificare se si posseggono i requisiti che, di volta in volta, la Corte di Cassazione ha individuato come assiomi per l’esonero dall’imposta.
Fatto tale verifica è possibile presentare istanza all’Agenzia delle Entrate competente per territorio, allegando copia dei pagamenti effettuati, copia della dichiarazione dei redditi, copia del registro dei beni ammortizzabili e altra documentazione ritenuta utile al fine di ottenere il riconoscimento del diritto al rimborso e le ragioni per cui si sostiene non dovuta l’imposta. L’istanza va prodotta in carta semplice e ai sensi dell’ art.38 del D.P.R. n. 602/73 e può essere chiesta la restituzione della somme pagate nei 48 mesi precedenti quella dell’istanza.
Se l’Agenzia delle Entrate non risponde e sono decorsi 90 giorni dalla presentazione dell’istanza il contribuente potrà produrre ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale entro 10 anni. Se, invece, l’Agenzia risponde con diniego alla richiesta, il termine per ricorrere alla CTP è di 60 giorni.
Luca De Franciscis
dottore commercialista
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