Tra le persone presenti ai funerali che sono stati celebrati nella chiesa del Sacro Cuore in piazza Vittorio Veneto a Salerno il Governatore De Luca, Franco Del Mese tra gli amministratori della Salernitana che aveva sul petto il marchio Antonio Amato, Paolo del Mese già sottosegretario alle partecipazioni statali, Andrea Annunziata, il presidente dei giornalisti salernitani Enzo Todaro, Mons. Gerardo Pierro, Pino Acocella, l’ex Senatore Pinto, politici, imprenditori, amministratori e tanta gente comune.
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Ivano Montano su LIRATV lo ha ricordato così: E se ne va proprio in un momento storico in cui avevamo ancora bisogno di lui, della sua esperienza, per provare a valicare i confini della crisi economica e riprendere quota, uscire dalla turbolenza, magari anche grazie ai suoi consigli, alla sua esperienza. Il Cavaliere era al tempo stesso industriale e ultimo degli operai, per quella cultura del lavoro che ne ha guidato i passi fin dall’inizio del cammino. Anche la prova cottura spettava a lui, era il primo ad assaggiare la pasta, per certificarne la qualità o individuare piccoli difetti da eliminare.
Un colosso nostrano che tutti ci invidiavano, capace di trasformare un cognome tipicamente meridionale in un marchio di livello mondiale: Amato. Giuseppe, capostipite dell’azienda-famiglia composta da figli e nipoti, originario di S.Cipriano Picentino, conosceva vita, morte e miracoli del grano e della semola, così come dei libri contabili. Braccio e mente, anima e cuore di una realtà che ha sempre galleggiato fieramente tra i primi posti della classifica delle aziende nazionali, per quota di mercato e fatturato.
Traguardi che gli hanno cucito addosso i gradi di Cavaliere del Lavoro e che l’hanno portato negli anni a ricoprire prestigiose cariche, come quella di Presidente dei pastai industriali e leader degli industriali della Campania. Un uomo che difficilmente si piegava, davanti alle tempeste. Perchè poi sono arrivate anche quelle, come la cronaca ha raccontato negli ultimi anni. Un fallimento che non è mai stato personale. Un incidente di percorso che gli aveva lasciato qualche ferita nell’anima, da suturare e curare con l’unica medicina utile: l’affetto dei familiari. Salerno oggi piange la scomparsa del suo Cavaliere più Amato. Un uomo di altra pasta
L’ultimo galantuomo di Salerno, l’ultimo pezzo di storia di Salerno se ne è andato.
Gli hanno inferto una mazzata terribile .
Lo potevano salvare, non doveva finire così per uno che ha trainato l’economia salernitana .
quando le cose vanno bene è tutto merito mio…io capitano d’industria…io self made man….io astuto….io imbattibile…io …io …io ….fortissimamente io….e voi?? voi non siete un k.zzo! …e tutti ad adulare e leccare il kulo ad…IO! poi quando le cose vanno male…è colpa del politico…è colpa di tizio…è colpa di caio…della maestra…del sistema…delle cattive compagnie…del prete …del giudice…ma acceriteve….strunz!!
Ricordo la sirena che sanciva la fine di un turno di lavoro al molino e pastificio di Mariconda, scandiva nel contempo anche la vita del quartiere, proprio come una campana di una pieve di quei paeselli di un secolo fa. Suonava come un allarme aereo alle 6,00 di mattina, poi nel pomeriggio alle 14,00 ed infine a sera, alle 22,00. Allora, prendere il cosiddetto posto alla ditta Amato, equivaleva ad una collocazione in un pubblico ufficio, seppure i carichi di lavoro erano diversi, in fabbrica erano e sono tosti i cicli di produzione. Tuttavia, alla ditta Amato garantivano i sacrosanti diritti ai propri dipendentie ed un salario di tutto rispetto. Si notava allora, lo stile di vita che conduceva la famiglia il cui reddito proveniva dall’opificio di via vecchia Picenza. Ricordo come fosse ieri, l’interminabile fila di camion colmi di grano che attendevavo sul ciglio della strada l’ingresso allo stabilimento per la pesa e la successiva consegna dell’aureo carico, ed ho ancora in mente l’odore della semola di cui era impregnata quella via in estate quando tornavamo a piedi dal mare. Non ho conosciuto il cavaliere Amato, tuttavia si può dire solo bene di lui perchè era stimato dai suoi dipendenti, i quali davano l’anima per quell’azienda che consideravano di famiglia, la loro famiglia, grazie alla quale hanno cresciuto i propri figli. Oggi fa male al cuore vedere quello stabilimento squarciato, sviscerato e abbandonato, per il disamore di certuni rampolli ingrati, esosi e inetti. Peccato, sono i migliori ad andarsene, sempre.
POVERI strunz!! CHI SCRIVE CONOSCE BENE”FATTI & MISFATTI”DI TUTTA LA “famiglia Amato” TANTO DA AVERE IL CORAGGIO CIVILE DI INVIARE UN COMMENTO DETTAGLIATO ALLA REDAZIONE, LA QUALE, NON HA RITENUTO OPPORTUNO PUBBLICARE IN QUANTO DI PARTE & SOVVENZIONATA DAL TALE “CAFONE LUCANO”.