Gli episodi passati al vaglio del processo sono numerosi: oltre a recapitarle delle rose, che la donna, non apprezzandole, distribuì ai passanti, l’imputato, fra l’altro, le portò l’automobile dal meccanico, a sua insaputa, per una riparazione. L’avvocato difensore ha sottolineato che non si può parlare di una persecuzione scandita da angherie o violenze. “Il mio assistito, ha detto, voleva soltanto manifestare il suo interesse per lei. E soprattutto non pensava di compiere atti di una portata tale da determinare uno stato d’ansia. La paura, poi, era fuori discussione. Qui si parla di amore. Un amore che è stato condannato”.
La relazione fra i due, cominciata nel 1992, si era interrotta dopo vent’anni. Solo una volta, a quanto si è detto, l’imputato fece in modo di incrociare la donna, in quel momento con un amico, in un locale pubblico: si fece vedere, ma non si avvicinò. All’attempato corteggiatore, dunque, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che aveva agito spinto dall’amore per la donna che sperava di riconquistare, gli è stato considerato il reato sussistente. Si, perchè, anche la Cassazione recentemente con la sentenza n. 18559/2016, ha confermato la condanna per stalking nei confronti di un uomo reo di aver inviato fiori chiaramente non graditi ad una donna, poichè, secondo la Suprema Corte, la condotta molestatrice si risolve in una serie di contegni proprio per il fatto della loro maniacale ripetitività, assunta nei confronti di una persona che non gradisce, rendendoli insopportabili.
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